Sanitari non vaccinati in Emilia Romagna: in 150 ricorrono al Tar

È guerra legale. "Non sono ’No vax’ ma rivendicano una libertà di scelta" Più attendisti altri sanitari: "Ci muoveremo solo dopo le sospensioni"

Le prime vaccinazioni di operatori sanitari nella struttura Lercaro lo scorso dicembre

Le prime vaccinazioni di operatori sanitari nella struttura Lercaro lo scorso dicembre

Bologna, 27 giugno 2021 - La guerra dei ricorsi, contro l’obbligo vaccinale per i sanitari, è ufficialmente iniziata. E al Tar c’è già il documento contro le Ausl di Bologna, Imola, Ferrara, Modena e Romagna, depositato dall’avvocato e docente Daniele Granara. "Ma non si tratta di un ricorso fatto da ’No vax’, sia chiaro – precisa immediatamente il legale del foro di Genova – bensì di persone che rivendicano una libertà di scelta".

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L’atto al Tribunale amministrativo dell’Emilia Romagna si fonda "sulla illegittimità costituzionale, sotto plurimi profili, – si legge – di diritto interno e diritto europeo, di un obbligo riferito a un vaccino di cui non è garantita né la sicurezza né l’efficacia, e si ritiene insufficiente, sia dal punto di vista oggettivo sia dal punto di vista temporale, la sperimentazione eseguita". Ne è riprova, secondo il ricorso, "l’ulteriore illegittima pretesa di condizionare la somministrazione del vaccino obbligatorio al rilascio di una totale esenzione da responsabilità per danni che dovessero derivare dallo stesso, non adeguatamente sperimentato e la conseguente mancata previsione di un indennizzo". Ritenuto invece "dalla giurisprudenza costituzionale condizione essenziale e imprescindibile per l’imposizione di un obbligo vaccinale e, in generale, di un trattamento sanitario obbligatorio". I professionisti della sanità che hanno firmato il ricorso, dopo la lettera dell’Ausl con l’invito a vaccinarsi, sono oltre 150. "Noi – riprende Granara – impugniamo un obbligo che non può essere tale perché un trattamento sanitario obbligatorio è possibile solo se ha i requisiti di efficacia e sicurezza. E il vaccino non ha né l’uno né l’altro". E ancora: "L’Italia è l’unico Paese che ha un obbligo vaccinale che non esiste in altri Paesi europei". Di "ricorsi prematuri" invece parla l’avvocato Luca Ventaloro che, con la collega Valentina Merlo, segue alcuni sanitari di Bologna. Il legale precisa che "la nostra piattaforma Coordinamento nazionale giuristi per la sanità è stata contattata da centinaia di lavoratori, tra medici, oss, infermieri e qualche primario. Siamo nella fase dell’obiezione attiva, ossia nell’iter difensivo da parte di chi ha ricevuto le prime lettere, mentre i ricorsi, che saranno indirizzati al Tar o al giudice del lavoro, partiranno dopo la sospensione. C’è una palese violazione dell’articolo 32 della Costituzione e della normativa sulla sicurezza del lavoro". Fa i conti il professor Francesco Saverio Violante, direttore della Medicina del lavoro interaziendale Sant’Orsola e Rizzoli: "I numeri di chi finora non si è vaccinato sono piccoli, qualche decina nella mia sfera di osservazione tra i due ospedali, e spero che le persone ripensino a questa decisione, in parte autolesionistica e non responsabile per la comunità. La possibilità di vaccinarsi è sempre aperta e chi riceverà la lettera che attesta il mancato obbligo vaccinale ha cinque giorni per una giustificazione o per vaccinarsi". Chiara anche la posizione di Pietro Giurdanella, che guida l’Ordine delle professioni infermieristiche di Bologna e coordina gli Opi dell’Emilia-Romagna: "Per tutelare noi stessi e i cittadini la scienza ci ha dato il vaccino, previsto ormai anche dalla legge e poi è una prerogativa deontologica". Michele Vaira, segretario aziendale Fp Cisl dell’Ausl, precisa che "l’ultima riunione con l’Azienda è di una decina di giorni fa e già allora ho chiesto i numeri di quanti e in quali settori riceveranno le lettere, perché anche se fosse una persona sola, va sostituita. Abbiamo ancora dati aggregati. Dobbiamo tutelare anche il personale vaccinato che non può affrontare doppi turni di lavoro". Per Vittorio Dalmastri, segretario regionale Fp Cgil medici e dirigenti, "il primo punto è la formazione, bisogna puntare su uno sforzo collettivo per fare accettare a tutti la necessità scientifica e sociale della vaccinazione".