Covid, Cossarizza: "Vaccini efficaci, ma i no-vax sono troppi"

Il professore di Unimore: "La Omicron potrebbe diventare la ’variante perfetta’ che si adatta a noi. Ma serve uno sforzo"

Il professor Cossarizza di Unimore

Il professor Cossarizza di Unimore

Reggio Emilia, 3 gennaio 2021 - Professor Cossarizza, ordinario di Patologia Generale e Immunologia all’Unimore, possiamo dire che il 2021, l’anno dei vaccini, è stata la battaglia di Stalingrado nella guerra contro il Covid? "Direi di sì. Così come quella battaglia cambiò le sorti del secondo conflitto mondiale, così i vaccini sono state le truppe che hanno iniziato a fronteggiare davvero il nemico".

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Il Covid 19 è alle corde? "Nel 2021 le campagne vaccinali hanno cambiato il quadro: è stato possibile ridurre il numero dei morti, abbassare l’impatto sugli ospedali e fronteggiare in quasi tutto il mondo la pandemia. Il virus però non è alle corde. La battaglia è ancora feroce e lo scenario cambia di continuo, considerando il fenomeno delle varianti".

La Omicron viene considerata più gestibile… "Una cosa va chiarita bene: finchè non si vaccinerà tutto il mondo, il Covid non lo riusciremo a eliminare. Omicron è più diffusiva e si sta avvicinando a quella che potrebbe diventare la ’variante perfetta’, ovvero il virus con la mutazione che si legherà in modo ottimale ai nostri recettori".

Questo sarà peggio o meglio? "Questo riguarda il futuro, e non le so rispondere. In teoria una variante perfetta entra sicuramente meglio nelle nostre cellule, ma oggi abbiamo l’arma vincente per combatterla: la vaccinazione".

Che bilancio possiamo fare nella lotta al Covid pensando al nostro Paese e al territorio reggiano? "Sta andando bene, grazie alla perfetta organizzazione della campagna vaccinale da parte del generale Figliuolo: i vaccini sono arrivati in tutta Italia e coi tempi giusti. Meglio di così era difficile fare, e gli italiani sono stati bravi a vaccinarsi in così tanti. A Reggio ancora di più, una città che ha dato l’esempio. Purtroppo restano troppi i novax".

C’è chi pensa che a questo punto sia un problema loro. "Non è così. Stiamo combattendo una buona battaglia, ma si sta sentendo l’effetto di chi non si vaccina e continua a propagare il virus. Tra di loro, ma anche tra le persone fragili, immunodepresse o anziane. E le terapie intensive si riempiono lo stesso, prevalentemente di novax".

Come convincerli? "Sui complottisti c’è poco da fare. A chi ha timori, anche se non condivisibili, dico semplicemente di guardare i numeri e credere alla Scienza: coi vaccini abbiamo molti meno morti e molti meno ricoveri. Il problema è che molte persone si fanno ancora condizionare dalle fake news e dal troppo spazio dato alle assurde tesi novax".

Se i dati sulla variante Omicron continueranno a essere confortanti si può davvero pensare a ridurre, o eliminare, la quarantena per i contatti? "Questo è un discorso complesso, sociologico e politico, capire come giocare la partita del contenimento del virus. Da immunologo una cosa posso dirla: che l’infettività di un vaccinato è infinitamente inferiore a quella di un non vaccinato, dato che dipende da molti fattori, tra cui il tempo di permanenza nell’organismo, la sua reazione immunitaria e la carica virale in sede nasale".

Il 2022 porterà con sé, oltre ai vaccini, anche dei medicinali che fermeranno il virus? "Ci sono buone prospettive. Sono in approvazione farmaci che inibiscono la replicazione del virus, sul modello degli antivirali contro l’Hiv. Ma non c’è il minimo dubbio che l’arma più efficace resterà ancora il vaccino".

C’è chi si preoccupa dei richiami ravvicinati sotto i 6 mesi… "Il nostro sistema immunitario è in grado di riconoscere, potenzialmente, oltre 30mila molecole al secondo, per cent’anni di fila. Il vaccino contiene una sola molecola, che viene riconosciuta in una decina di punti diversi. Quindi anche con una dose ogni pochi mesi non ci sono pericoli di sovraccarico o esaurimento funzionale".

 

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