"Alluvioni e frane, sindaci al buio" Seri lancia un sos alla Regione

Servono fondi per le consulenze tecniche senza le quali le amministrazioni non sanno come muoversi "La burocrazia e la giungla di competenze rendono impossibili anche gli interventi più semplici e necessari"

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Mancano i piani per intervenire. Mancano i consulenti tecnici per individuare le criticità. Mancano i soldi per pagare i consulenti. Non si sa chi deve fare cosa. Alla luce degli eventi drammatici che hanno colpito le Marche, e dopo l’altolà sulle criticità locali (vedi torrente Arzilla) non c’è da stare tranquilli leggendo la lettera che il sindaco Massimo Seri ha inviato alla Regione. Si chiedono fondi per fronteggiare le criticità idrogeologiche, ma sostanzialmente si alza bandiera bianca, ammettendo che i sindaci hanno le mani legate e la prospettiva concreta di finire con il classico "cerino in mano".

"Servono tecnici per affidare le consulenze, servono soldi per pagarli". Scrive Seri. Altrimenti "le responsabilità incrociate di una miriade di soggetti rendono impossibili anche gli interventi più semplici e necessari". "Non è facile – osserva, poi – intervenire dopo i disastri che ormai troppo spesso si verificano a causa di eventi climatici estremi ed è ancora più difficile farlo dopo che questi eventi si sono portati via la vita di molte persone, alle cui famiglie voglio ancora esprimere vicinanza e solidarietà. Non mi permetto e non voglio entrare nel merito delle eventuali responsabilità: se ci sono state negligenze colpose lo stabilirà la magistratura; spero solamente che davanti a questi fatti non si attivi il solito gioco del cerino che inevitabilmente finisce sempre per scottare l’amministratore locale, l’ultimo della fila che non ha più a chi passarlo". Di iniziative per contrastare i cambiamenti climatici e attivare le strategie di adattamento, ce ne sono state e a tutti i livelli istituzionali, dai Comuni fino all’Europa. Ma si sono risolte con un nulla di fatto. "Bisogna – continua Seri – partire dalla messa a fuoco delle vulnerabilità territoriali, individuare i settori d’intervento, le azioni principali e trasversali, infine gli attori principali". Poi ovviamente servono fondi, un sistema di monitoraggio e valutazione delle azioni... Invece a che punto siamo? "In Italia – spiega Seri – il governo iniziò ad interessarsi del Piano di Adattamento Climatico nel 2015, ma nel 2018 non fece in tempo ad essere approvato" ed oggi, dopo 7 anni, non ce n’è traccia. Tante altre iniziative non si sono tradotte in un piano d’azione vero e proprio: o mancavano le competenze, o mancavano le risorse.

"Alcune regioni come l’Emilia-Romagna e la Puglia hanno messo a disposizione dei comuni contributi per far fronte alla consulenza tecnica per la stesura dei piani. Chiedo che faccia altrettanto la Regione Marche, consentendo ai comuni di muoversi per tempo nel definire criticità e interventi, in attesa che il governo metta tra le priorità l’approvazione del Piano nazionale e stanzi le risorse". Senza un piano nazionale e regionale "la situazione – conclude Seri – resta in una giungla di competenze dove le responsabilità incrociate di una miriade di soggetti rendono impossibili anche gli interventi più semplici e necessari. Occorre superare la barriera burocratica che i comuni affrontano per ogni intervento".

b.i.