TIZIANA PETRELLI
Cronaca

“Un anno e mezzo per operarsi, chiamato durante il ricovero”

Un paziente racconta la sua esperienza tra Pesaro e Fano. “In pratica un ospedale non sapeva cosa faceva l’altro. Organizzazione ferma a 50 anni fa”

L’ingresso dell’ospedale. Un cittadino racconta la sua esperienza tra Fano e Pesaro

L’ingresso dell’ospedale. Un cittadino racconta la sua esperienza tra Fano e Pesaro

Fano, 7 febbraio 2025 – Una lunga attesa per un intervento chirurgico, poi il ricovero per un altro problema e infine la scoperta di un sistema sanitario che fatica a coordinarsi. È la storia del fanese Claudio Caprara, che ci racconta la sua esperienza kafkiana tra l’ospedale di Pesaro e quello di Fano. “Ho tirato avanti anni, poi mi son deciso a fare un intervento chirurgico e dopo un anno e mezzo di attesa finalmente mi chiamano - dice il 70enne -, ma… non sanno che sono appena stato ricoverato in Cardiologia per un problema e che la terapia con i farmaci anticoagulanti che mi hanno dato non consente di svolgere l’intervento per almeno altri sei mesi. A parte la sfortuna, che si sa è cieca, ma porca vacca: ospedale di Pesaro, ospedale di Fano, stessa AST e uno non sa quello che fa l’altro? Abbiamo dei bravissimi medici e una pessima organizzazione”.

Caprara pone poi l’attenzione su un altro aspetto dell’inefficienza organizzativa dell’AST n°1: il braccialetto identificativo dei pazienti. Un dispositivo che dovrebbe agevolare il lavoro del personale sanitario, ma che nella realtà si riduce a un oggetto di poco valore pratico. “Il braccialetto viene applicato al polso di un paziente quando viene ricoverato nel nostro ospedale - esordisce Caprara -: contiene i codici identificativi del paziente e ‘dovrebbe’ servire agli operatori per acquisire automaticamente tali dati. Questo, chiaramente, se avesse anche un codice a barre che invece non ha. E quindi ogni volta che un operatore effettua un esame, deve digitare manualmente cognome, nome e anno di nascita. Se il braccialetto avesse un codice a barre leggibile, basterebbe una scansione per caricare i dati in automatico. Non solo: i risultati degli esami potrebbero finire direttamente nel fascicolo elettronico del paziente, senza ulteriori interventi manuali”.

L’ingresso dell’ospedale. Un cittadino racconta la sua esperienza tra Fano e Pesaro
L’ingresso dell’ospedale. Un cittadino racconta la sua esperienza tra Fano e Pesaro

L’assenza di un sistema digitale efficiente, come ad esempio quello di Bergamo che Caprara conosce bene, si riflette anche nella gestione dei farmaci e dei pasti, rendendo il lavoro degli infermieri più complesso e aumentando il rischio di errori. “Negli ospedali ben organizzati - continua Caprara -, il codice di ricovero viene utilizzato anche per predisporre e distribuire i farmaci. Qui no. Da noi sono gli infermieri a dover prelevare i farmaci da ogni scatola, metterli in una garzina e poi consegnarli al paziente. In altri ospedali, invece, la farmacia prepara già delle bustine con codice a barre, che vengono abbinate al paziente tramite una semplice scansione. Un sistema che evita errori e fa risparmiare tempo”.

Lo stesso vale per i pasti: “Altrove il paziente sceglie dal menu del giorno, il sistema verifica la compatibilità della scelta e al momento della distribuzione riceve una vaschetta già pronta con il proprio codice. Da noi, invece, arriva un carrello pieno di tutto, si chiede ai pazienti cosa vogliono e si compone il pasto al volo, con il rischio di errori e una quantità enorme di scarti”. Caprara conclude con un appello alla modernizzazione: “Non c’è bisogno di inventare nulla, basta copiare dai sistemi ben organizzati. Nei nostri ospedali ci sono bravissimi professionisti, sia infermieri che medici, ma l’organizzazione è ferma a 50 anni fa”.