Fano, la procura indaga l’assessora: "Timbrò e si assentò dal lavoro"

Marina Bargnesi si difende: uscite per motivi professionali

Marina Bargnesi

Marina Bargnesi

Fano (Pesaro e Urbino), 1 ottobre 2017 - La Procura di Pesaro ha un sospetto ormai dal 2013: che i dipendenti sanitari locali siano suscettibili di fare altro durante l’orario di lavoro. Lo spunto venne quando le fiamme gialle arrestarono in flagranza di reato una dottoressa dell’Asur area vasta 1 di Fano che doveva attestare la morte naturale di un anziano per il nulla osta alla sepoltura. Il timbro lo mise direttamente il necroforo. La dottoressa venne arrestata per falso e l’anno dopo patteggiò un anno di reclusione.

Da quel momento, sono finiti nelle rete degli inquirenti diversi necrofori, un primario di pediatria, una dottoressa del pronto soccorso e ora la psicologa Marina Bargnesi di Fano, che è pure l’assessore alle politiche sociali del Comune di Fano. E’ accusata di essersi assentata dal lavoro mentre il suo cartellino afferma la presenza. Visto che non è stata seguita, la procura di Pesaro è ricorsa in maniera massiccia all’utilizzo delle celle telefoniche che come una specie di gps hanno tratteggiato gli spostamenti della psicologa. I conti non tornano per una decina di episodi, tra l’autunno del 2013 e l’agosto del 2014. Per questo, ha ricevuto un’informazione di garanzia per i reati di truffa e falso. La dottoressa Bargnesi non la butta in politica per difendersi. «No, il mio impegno in giunta è successivo agli episodi che mi vengono contestati». L’accusano di aver timbrato e poi di essersi allontanata dal luogo di lavoro per motivi suoi.  «Ma non è così. Io amo il mio lavoro, sono una psicologa mentre la procura mi ha definito medico. Mi vengono contestati una decina di episodi. Ma è il mio lavoro che implica necessariamente l’uscita». Cioè, per fare cosa? «Vado al centro antiviolenza di Pesaro, incontro i casi, vado nei poliambulatori, partecipo a consulti per i vari casi, incontro colleghi e per ultimo faccio attività sindacale, il che mi porta fuori dal mio ufficio. E posso dimostrare tutto questo, seppur siano fatti lontani nel tempo. Ma non ho difficoltà a ricostruirli uno a uno. Mi sembra di vivere un incubo con protagonista un’altra persona, non io. Vengo accusata di aver timbrato l’ingresso al lavoro per poi essermi assentata per ragioni personali. Ma è un atteggiamento che non mi appartiene».  Si sarebbe assentata una decina di volte. Si è chiesta come è stato possibile per la Finanza saperlo? «Escludendo il pedinamento, credo che la Finanza sia ricorsa alle celle telefoniche che indicano la traiettoria seguita dai cellulari. E il mio lo hanno individuato fuori dall’ufficio. Ma io faccio un lavoro che obbligatoriamente mi porta fuori dalla mia stanza, avendo un territorio di competenza provinciale. E non ho un cartellino che mi indica fuori ufficio pur essendo al lavoro. Secondo gli inquirenti, con le mie assenze orarie avrei ottenuto ingiustamente 1.300 euro». E’ stata sentita o ha chiesto di essere interrogata? «L’avvocatessa Paola Fumelli, che mi tutela, ha già inviato una memoria al pm insieme alla richiesta di interrogatorio. Io sono una persona onesta e vengo accusata di raggiri e falsi che non ho mai commesso. Sono innocente e non vedo l’ora di dimostrarlo a chi ha sospetti su di me».