TIZIANA PETRELLI
Cronaca

"Basta assistenti sociali-burocrati. Creiamo un welfare di prossimità"

Portare il welfare nei quartieri, costruire relazioni per prevenire il disagio, ridare centralità al ruolo dell’assistente sociale come figura di...

Maurizio Tomassini

Maurizio Tomassini

Portare il welfare nei quartieri, costruire relazioni per prevenire il disagio, ridare centralità al ruolo dell’assistente sociale come figura di comunità. È questa la proposta avanzata da un gruppo di associazioni fanesi e sintetizzata nel documento "Fano per quartieri più sicuri e uniti: un modello innovativo per una comunità della cura", promosso anche dal sociologo Maurizio Tomassini, già presidente delle Acli provinciali. È proprio lui a spiegare il senso dell’iniziativa, nata, dice, "dall’urgenza di ricostruire legami tra le persone e tra le istituzioni e i cittadini, in un tempo in cui la solitudine e la frammentazione sociale stanno diventando una nuova forma di povertà". L’obiettivo è potenziare il servizio sociale tramite la presenza capillare nei quartieri.

"L’idea è di attivare un vero e proprio presidio sociale di prossimità – dice Tomassini – che si basi non solo su operatori formati ma anche su reti vive di cittadini, volontari, parrocchie e associazioni. È un modello già riconosciuto dai Leps, i Livelli essenziali delle prestazioni sociali, che prevede un assistente sociale ogni 5000 abitanti. A Fano, dunque, saranno a regime 12. Ma serve di più: serve un cambio di paradigma culturale, che ci faccia vedere nel welfare non un costo, ma un investimento nella coesione e sicurezza". Proprio qui si innesta il concetto di welfare di prossimità, il cuore della proposta. Non si tratta solo di portare i servizi nei quartieri, ma di costruire una rete concreta di ascolto e sostegno nei luoghi dove le persone vivono: intercettare i bisogni, prevenire l’emergenza, creare relazioni solidali tra cittadini e operatori.

È un welfare che si fonda sulla vicinanza, fisica e umana, e che trasforma le micro-comunità in risorse attive. È un modello che non aspetta la crisi, ma si muove prima, con uno sguardo educativo, relazionale e promozionale. E valorizza il protagonismo delle persone, chiamandole a essere parte della risposta e non solo beneficiari di prestazioni. I promotori – tra cui Acli, Auser, Agfi, Anfass, Vivere il Poderino, Caritas, Contatto, Libera.mente e Banca del Gratuito – insistono sull’importanza di liberare gli assistenti sociali dai carichi burocratici. "Solo così – osserva Tomassini – potranno tornare a essere antenne sensibili sul territorio, costruttori di fiducia, facilitatori di relazioni. E con loro, psicologi, educatori, amministrativi: figure che il Ministero ha già previsto di finanziare per rafforzare gli ambiti".

In una città che invecchia rapidamente e dove molti giovani faticano a trovare riferimenti, il presidio sociale di quartiere può diventare uno strumento prezioso. "Non è solo un problema di servizi – conclude Tomassini – ma di senso di appartenenza a una comunità che si prende cura, non lascia indietro nessuno e promuove relazioni sane. È anche così che si costruisce una città sicura: non solo con la sorveglianza ma con la fiducia".

Tiziana Petrelli