TIZIANA PETRELLI
Cronaca

Caso Gandiglio, espressa solidarietà alla prof

Tutto è cominciato con un’ondata di indignazione, scoppiata dopo che alla vicepreside dell’Istituto Comprensivo "A. Gandiglio" di Fano, Rosetta...

Tutto è cominciato con un’ondata di indignazione, scoppiata dopo che alla vicepreside dell’Istituto Comprensivo "A. Gandiglio" di Fano, Rosetta Gambardella, è stata attribuita una frase giudicata sessista, rivolta agli studenti. A raccontarlo sono stati alcuni genitori, che si sono rivolti al Carlino con nome e cognome, chiedendo chiarimenti su un episodio che li aveva turbati profondamente.

Da lì, l’articolo del nostro giornale, il dibattito pubblico, le reazioni sui social. E, in risposta, lo tsunami opposto: quello della solidarietà alla professoressa. Già nel primo articolo, la vicepreside aveva avuto l’opportunità di raccontare la propria versione dei fatti, smentendo pubblicamente quella frase "incriminata". Fu lei a chiamarci, a volerci raccontare la sua versione dopo la difesa d’ufficio del preside della Gandiglio, Locarini. Nessuna "gogna mediatica", nessun attacco personale: solo un fatto riportato, con tutte le cautele richieste dal caso, a partire dalla tutela dei minori coinvolti. Una regola deontologica chiara, spiegata chiaramente anche al dirigente scolastico Michele Locarini, che però ha scelto di non menzionarla né nel post Facebook in cui ha pubblicamente difeso la sua vicepreside, né nella successiva circolare inviata a circa 600 famiglie, nella quale ha parlato di un articolo che avrebbe offerto "un’immagine distorta e dolorosamente ingiusta" della docente Rosetta Gambardella, sottolineando di aver ricevuto "centinaia di messaggi di affetto e solidarietà".

Solidarietà che si è concretizzata anche in una lettera firmata – a parole – da un "nutrito gruppo di genitori" e diffusa ieri per prendere le distanze da quella che viene definita una "denuncia anonima" ai giornali. Una lettera annunciata da una mamma con una telefonata alla nostra redazione, in cui chiedeva la pubblicazione e spiegava la genesi della missiva, che non reca in calce alcuna firma. Ed è qui che si gioca il paradosso: "Cosa vogliamo che resti ai nostri figli di questa vicenda che riguarda tematiche tanto delicate? - si legge nella lettera - Che modello desideriamo essere per loro? Quanto umano può essere un attacco nei confronti di chi non conosce nemmeno il suo accusatore?". Una domanda che aveva posto anche Locarini nella sua circolare, stigmatizzando "chi sceglie la scorciatoia dell’anonimato invece del confronto diretto. Perché ciò che viene detto senza volto, senza nome, senza possibilità di dialogo, non è partecipazione democratica, ma fragore vuoto".

Tiziana Petrelli