Coronavirus, la protesta. "Famiglia monoreddito, ma lo Stato mi ignora"

Colli al Metauro, una nutrizionista con marito e figlia a carico: "Non guadagno un euro da un mese e non ho diritto agli aiuti"

Lucia Capone, biologa nutrizionista

Lucia Capone, biologa nutrizionista

Colli al Metauro (Pesaro e Urbino), 6 aprile 2020 - Fa la biologa nutrizionista, ha un marito e una figlia, e l’unico stipendio che entra in famiglia è il suo. Finora il lavoro le era andato bene, "ma io – dice Lucia Capone - dal 9 di marzo non guadagno un euro. Sono fuori da tutte le fasce che il governo sta aiutando con i sussidi legati all’emergenza. "E ora – protesta la biologa – mi sento abbandonata, tradita e sconfitta".

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«Sono originaria di Carpi – scrive la giovane madre – ora vivo a Colli al Metauro, lavoro dal 2007 come libera professionista. Sono una biologa nutrizionista, iscritta all’albo dei biologi e alla mia cassa di previdenza sociale, Enpab. Con una gestione oculata riusciamo a pagare le spese legate alla libera professione, che sono tante tra versamenti Irpef, contributi pensione, ecc... Abbiamo una sola macchina, le vacanze sono un ricordo e le cene a ristorante molto poche. E le famiglie monoreddito come le mie sono state completamente ignorate dal decreto Cura Italia. Con che coraggio viene detto che nessun cittadino verrà abbandonato se io pago le tasse da 13 anni e non mi spetta niente? Dal 9 marzo non incasso più un euro. Adesso stiamo usando i risparmi, ma quando non avrò più soldi per pagare la spesa e le bollette come farò? E a fine anno non riuscirò a pagare le tasse e i contribuiti pensione, circa 10mila euro, perché i soldi che ho risparmiato li avrò usati per mangiare. Chiedo aiuto, perché mi sento presa in giro da uno Stato a cui sono stata leale per 13 anni. Il Governo ha stanziato i 600 euro per gli autonomi, ma differenziando tra gli autonomi iscritti all’Inps e quelli con casse private. Mentre per gli autonomi che fanno riferimento ad Inps non sono stati messi vincoli di reddito e quindi chiunque abbia una partita Iva può chiedere i 600 euro di sostegno, i soldi stanziati per le libere professioni afferenti a casse private come nel mio caso sono stati vincolati ad un tetto di reddito relativo solo al professionista, ignorando il reddito della famiglia. Con questo criterio per 660 euro sforo il tetto di reddito, quindi sono “troppo ricca” per chiedere i sussidi. Non lavoro da un mese, non lavorerò per almeno altri 2 mesi e nel frattempo non incasserò niente. Utilizzando come criterio esclusivo il reddito del professionista ci sono famiglie che hanno ottenuto due sussidi e famiglie come la mia che non ne hanno nemmeno uno. Esempio: il mio reddito riferito al 2018 è 35.660. Il tetto di reddito per chiedere aiuti è 35.000. Quindi nella mia famiglia sono entrati 35.660 e quindi niente sostegno ora. Altre famiglie formate da due liberi professionisti che hanno redditi di 30.000 euro e 35.000 euro hanno diritto a due sostegni. Quindi il reddito complessivo della famiglia è più alto del mio ma io non ho diritto a nulla, loro a due sussidi. Questa situazione è doppiamente frustrante. A conti fatti tutti hanno diritto ad un sostegno tranne la mia famiglia e poche altre come la mia. Allora perché ho pagato le tasse per 13 anni? In alternativa i 600 euro arrivano se con un reddito più alto riesci a dimostrare un calo del 33% nel primo trimestre 2020 rispetto al primo trimestre 2019. Ma io ho smesso di lavorare il 9 di marzo, un calo del 33% non riesco a dimostrarlo! Oltre il danno la beffa, la mia cassa è riuscita a far ottenere i 600 euro anche a chi aveva aperto la partita Iva a gennaio e febbraio 2020, che non ha ancora mai versato tasse e contributi, e ha ignorato la richiesta di aiuto delle famigl ie monoreddito come la mia".