Da medico in Afghanistan a saldatore La seconda vita di quattordici rifugiati

Vengono da ogni parte del mondo, non sanno ancora l’italiano. Ma hanno fatto una scommessa per il futuro "Grazie a questo corso saranno tutti assunti prima di Natale. Nessun italiano ha risposto all’avviso"

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All’istituto tecnico industriale don Orione di Fano sono stati sfornati 14 nuovi saldatori professionisti, grazie al progetto della Provincia rivolto ai migranti titolari di protezione internazionale e richiedenti asilo. Quattordici giovani provenienti da continenti diversi, tra i 18 e i 45 anni, hanno partecipato a un corso di 116 ore in un mese, organizzato da Synergie Italia Spa e la coop Labirinto in con Airone Pg, che certifica la professionalità a livello europeo.

"Questo corso era aperto anche a italiani, ma si sono presentati solo questi ragazzi - spiega Cinzia Paciarotti, di Synergie - perché certe professioni qui in Italia non le vuole più fare nessuno. Ma ben 15 aziende del territorio ci chiedevano queste figure professionali, tant’è che avevamo già provato a effettuare corsi così, tutti andati deserti". E così questi 14 ragazzi saranno assunti già prima di Natale.

Tra di loro c’è un medico afgano di 45 anni, arrivato l’anno scorso con la missione militare che ha portato in salvo i collaboratori della Nato all’avvento dei talebani. In questi mesi l’uomo non ha trovato lavoro come medico, perché il riconoscimento dei titoli di studio in Italia è complicato. Ma volendo portare in salvo la sua famiglia che in Afghanistan si deve ancora nascondere, perché ostile al regime, si è impegnato nello studio di una professione che non è la sua, con umiltà e impegno. Poi c’è Walgid Afredi, 20enne dal Pakistan, scappato dalla povertà. "Sono a Pesaro da due anni - racconta -. Sono arrivato con mezzi di fortuna attraversando un Paese e poi l’altro fino a raggiungere l’Italia. Qui l’accoglienza è stata buona. Ho sempre lavorato. Ho scelto di frequentare questo corso perché la saldatura mi piaceva e poi c’era una richiesta di lavoro che poteva darmi stabilità. Non so poi cosa succederà". Poi c’è il più timido Prasengit Sarker, 18enne dal Bangladesh. "Sono arrivato in Italia da un anno e 5 mesi - dice -. Qui non ho mai lavorato perché se non conosci la lingua non si può fare niente. E così ho studiato l’italiano, ho già fatto due corsi ed ora questo da saldatore. In Italia si sta bene, ma sono solo e mi manca tanto la famiglia". Mohmmod Leton, 27 anni, in Bangladesh era considerato un oppositore politico per il suo attivismo ambientale. "Sono arrivato in Italia 15 mesi fa - racconta -. Ero un meccanico di cellulari. Qui è tutto molto difficile perché ancora non so la lingua, ma ho potuto fare questo corso professionalizzante grazie ai mediatori linguistici".

Fondamentale l’accompagnamento di Andrea Zucchi, coordinatore del progetto per Labirinto, il cui presidente Davide Mattioli evidenzia: "Questa migrazione è fondamentale, sennò le aziende come farebbero?".

Tiziana Petrelli