Delitto Anastasiia, revocata la potestà al padre. Il console: "Il bimbo torni in Ucraina"

Il Tribunale dei minori di Ancona ha deciso: il 42enne egiziano non ha più potere sulla vita del figlio. Ora si valuta la capacità genitoriale di mamma Elina e zia Daria. Da Leopoli, appello per il rientro in patria

Fano, 30 novembre 2022 -  Non ha più alcun potere sulla vita del figlio che potrebbe presto essere affidato alla nonna materna e alla zia e tornare a vivere con loro in patria, in Ucraina. Ieri il Tribunale dei minori di Ancona ha infatti revocato la potestà genitoriale a Moustafa Alashri, il 42enne egiziano che il 13 novembre scorso ha ucciso la moglie e madre del loro bimbo di 2 anni, Anastasiia Alashri, 23enne ucraina.

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Non solo. I giudici hanno fissato per domani un’udienza per l’ascolto della nonna Elina, 50 anni, e della zia Daria, di 18, (mamma e sorella di Anastasiia). Un’audizione finalizzata a valutare la capacità delle due donne che hanno chiesto l’affidamento del nipote. Nessuna richiesta è invece arrivata, come evidenziato anche nel provvedimento del Tribunale, da parte della famiglia di Moustafa, nonostante lui, durante l’udienza dell’altro giorno, abbia dichiarato che i suoi parenti in Egitto sarebbero disposti ad occuparsi del piccolo. Il Tribunale ha intanto confermato l’affido del bambino ai servizi sociali di Fano e il suo collocamento nella famiglia del deputato Mirco Carloni, che lo ha accolto in casa subito dopo il delitto. Carloni è fratello della titolare dell’Osteria dalla Peppa dove da maggio Anastasiia lavorava come cameriera. Infine, l’avvocato Silvia Montesi è stata nominata tutore temporaneo dai magistrati dorici in attesa del conferimento dell’incarico da parte del giudice di Pesaro Sabrina Carbini. 

Anastasiia uccisa a 23 anni
Anastasiia uccisa a 23 anni

La paura di perdere anche il piccolo Adam, dopo la figlia. Anastasiia non gliela potrà restituire più nessuno, ma il nipote sì. Ottenere l’affido del piccolo e riportarlo a casa, in Ucraina, è ora il primo pensiero di Elina. E a scendere in campo accanto alla mamma della 23enne vittima della furia omicida del marito, c’è anche il console onorario d’Italia per l’Ucraina occidentale a Leopoli, Gianluca Sardelli. Ieri, raggiunto al telefono, il funzionario originario di Gorizia, da 28 anni in servizio nella città ucraina, è stato netto: "Adam deve essere affidato alla famiglia materna e deve tornare nel suo paese d’origine e nella città in cui è nato, a Uzghorod, in Ucraina, dove la guerra non è arrivata".

I cartelli
I cartelli

Console, come nasce questo suo interessamento nella vicenda di Anastasiia che viveva a mille chilometri da Leopoli?

"Conosco benissimo Uzghorod. Lì, alcuni anni fa, avevo uno studio distaccato alla Camera di commercio nella Transcarpazia, regione di cui è capoluogo Uzghorod. Mi occupo più di italiani in Ucraina che di ucraini in Italia. Ho seguito tanti casi di rimpatrio di figli portati in Ucraina da donne sposate ad italiani. Qui ho molti amici e tra questi ci sono alcuni che conoscono molto bene la famiglia di Anastasiia e si sono rivolti a me per avere assistenza. La famiglia della giovane vittima è una famiglia per bene, con una certa disponibilità economica, la mamma di Anastasiia è un’imprenditrice, la sorella Daria studia all’estero, in Slovacchia. Insomma hanno tutte le carte in regola per poter avere l’affidamento del nipote".

Ma qui in Italia si sta già discutendo la questione tanto che domani ci sarà l’udienza per valutare la capacità della nonna e della zia ad occuparsi di Adam. Teme che qualcosa possa non andare come sperate?

"Voglio cercare di portare la questione subito sulla direttrice giusta. Purtroppo il buonismo italiano potrebbe farci travisare la realtà dei fatti".

Quale buonismo?

"Subito dopo il delitto, qualcuno ha detto che per il bambino crescere in Italia, con una famiglia agiata, lontano dalla guerra, sarebbe stato l’ideale. Un’ipotesi assolutamente da scartare. Adam è nato ed è residente a Uzghorod, cittadina dove non si è mai sparato un colpo. Ci sono ogni tanto le sirene ma perché sono centralizzate a livello nazionale. La famiglia di Anastasiia è economicamente benestante. E i giudici competenti a decidere sulla vita del piccolo sono quelli ucraini"

L’autorità giudiziaria ha aperto già un fascicolo sul caso?

"No, aspettiamo ancora il certificato di morte di Anastasiia, poi la macchina giudiziaria si metterà in moto. Adam sarà affidato alla famiglia materna"

Il padre Moustafa ha detto che il figlio deve essere affidato ai suoi parenti in Egitto o può crescere anche in Italia…

"Un’ipotesi che mi spaventa. Conosco tanti casi di figli di genitori musulmani che partono per il loro paese e non tornano più indietro. Moustafa ha la residenza in Ucraina. Ha detto che ha una sorella, che però non si sarebbe mai vista. E invece per quale motivo Adam dovrebbe stare in Italia? Cosa lo lega all’Italia? Il fatto di avere il padre in carcere lì? Non ha alcun senso. Il bambino deve crescere nell’ambiente in cui ha vissuto, parla ucraino, la sua cultura madre è ucraina. Massima riconoscenza per chi lo ha aiutato e ospitato, ma anche ora Adam deve stare il più possibile con nonna e zia. Anzi, chiedo ai servizi sociali di Fano di favorire più incontri possibile del piccolo con le due donne. Io mi attiverò subito non appena arriveranno le carte e la giustizia ucraina inquadrerà la questione per togliere la potestà genitoriale a Moustafà, affidare il piccolo alla nonna e farlo tornare in patria".