Fano, vessa il parroco con estorsioni. Condannato, ma il don lo perdona

Il sacerdote ha rinunciato al risarcimento: "Sono caritatevole"

Fano: don Luciano Torcellini, parroco della Cattedrale

Fano: don Luciano Torcellini, parroco della Cattedrale

Fano (Pesaro e Urbino), 17 novembre 2018 Era diventato una specie di bancomat. Ogni volta che aveva bisogno di soldi, andava a bussare a casa sua e il don sborsava. Una richiesta insistente e crescente per circa un anno e mezzo. Prima per la mamma che stava male, poi per il figlio, passando per il funerale di un parente o per ripagare la casa che era andata a fuoco. Ma quando le disgrazie famigliari sono finite, sarebbero cominciati i ricatti. Minacce pesanti come quelle di morte o di danneggiargli la macchina o addirittura di farlo picchiare dai suoi parenti. Fino a quella di andare a rivelare al vescovo di Fano i loro presunti incontri compromettenti, se non gli avesse dato i soldi che voleva. Ed è a quel punto che il prelato non ce l’ha più fatta e si è visto costretto a rivolgersi ai carabinieri di Fano. Poi la denuncia è andata avanti d’ufficio.

La vittima è don Luciano Torcellini, parroco della Cattedrale, mentre il suo ricattatore è un ventenne di etnia rom, Ghiocel Petrica Toma. Il giovane, finito a processo con l’accusa di estorsione, è stato condannato l’altro ieri a 3 anni e 8 mesi e 1000 euro di multa dal collegio del tribunale di Pesaro. Il pm Silvia Cecchi aveva chiesto 3 anni e 6 mesi. All’ultima udienza dell’altro giorno, don Torcellini, assistito dall’avvocato Marcello Cecchini, ha perdonato anche giudizialmente Toma. Ha infatti revocato la costituzione di parte civile, facendo cadere anche il suo diritto al risarcimento dei danni (soldi che difficilmente avrebbe forse riavuto dato che il giovane sarebbe in Romania).

«La mia missione è quella di essere caritatevole – ha detto ieri il sacerdote al telefono –. È certo che l’ho perdonato. Questa storia era diventata solo una seccatura. Io devo solo combattere il male col bene». «L’unico aspetto che ci interessava – ha spiegato il legale del religioso – era che venisse fuori la verità, la versione del don». Pronto invece a ricorrere in appello, il difensore del romeno. «Non c’è l’estorsione – commenta l’avvocato Paolo Leone – per noi c’è al massimo lo stalking. È vero che il mio assistito si presentava spesso a casa del don, ma prendeva quello che il sacerdote gli dava. Senza alcun tipo di minaccia, ma solo dietro insistenza». I fatti sono successi tra aprile 2014 e settembre 2015. Gli aiuti più ingenti dati dal don sarebbero due in particolare, di 4mila e 2mila euro. E sarebbero stati corrisposti nel periodo in cui le minacce si sarebbero fatte più pesanti e infamanti.