Giorgio Scrofani ucciso dal Covid, "E' morte sul lavoro". "Portiamo l’Asur in tribunale"

La storia dell’autista di ambulanza morto per il virus. E la vicenda giudiziaria può fare scuola nelle Marche

Giorgio Scrofani è morto lo scorso 30 marzo, dopo giorni di agonia

Giorgio Scrofani è morto lo scorso 30 marzo, dopo giorni di agonia

Calcinelli, 8 agosto 2020 - Giorgio Scrofani, l’autista di ambulanza in forza alla Potes di Calcinelli, è il primo morto sul lavoro riconosciuto nelle Marche come vittima del Covid19 in ambito sanitario. L’operatore, da tutti ricordato per essere un uomo generoso e disponibile ad aiutare gli altri nel momento del bisogno, è spirato lo scorso 30 marzo dopo giorni di agonia.

"Mi portano in rianimazione. Spero di potervi rivedere tutti" è l’ultimo sms che Scrofani ha scritto ai colleghi prima di entrare nella terapia intensiva dell’ospedale di Torrette per essere intubato. Ora, su richiesta della famiglia, è stato aperto un procedimento penale presso il tribunale di Pesaro per dimostrare il nesso tra il contagio e le mansioni svolte dall’autista-soccorritore.

"Alla Potes di Calcinelli e nella sede legale della Croce Europa di Mercatino Conca abbiamo già raccolto informazioni utili all’accertamento delle circostanze, delle cause e all’individuazione dei responsabili della morte di Scrofani – spiega l’avvocato Giulio Maione di Fano che coordina il collegio accusatorio avvalendosi di un pool di esperti nel quale spicca il nome di Raffaele Giorgetti, professore associato di Medicina Legale alla Politecnica delle Marche – A nostro avviso in questa vicenda c’è il pieno coinvolgimento dell’Asur, che intendiamo dimostrare, a cui vanno imputati la completa assenza di protocolli che avrebbero dovuto disciplinare le mansioni del mio assistito durante la prima fase epidemica, l’inadeguatezza dei locali in cui tutti gli operatori transitavano prendendo e smontando dal lavoro e, ancora più grave, il mancato utilizzo dei dispositivi di protezione di sicurezza individuale durante il servizio. Gli addetti della Potes non avevano nemmeno la ‘pistola’ per misurare la febbre ai pazienti che caricavano in ambulanza, lavoravano a mani nude. L’attività di indagine da parte dei giudici è appena iniziata, ma il nostro auspicio è che si arrivi presto alla definizione di un capo di accusa e ad un processo".  

Si parte comunque da un dato di fatto, il riconoscimento da parte dell’Inail della scomparsa di Scrofani come morte sul lavoro. A dimostrazione di quanta attenzione ci sia su questa azione legale, che è la prima ad essere intentata nella nostra regione riguardante un sanitario scomparso a causa del Covid, è il fatto che tramite l’avvocato Giuseppe Sorcinelli l’Associazione nazionale invalidi e mutilati sul lavoro si costituirà parte civile. A Scrofani, che ha lasciato una moglie e una figlia, l’Asur ha recentemente intitolato la Casa della Salute di Calcinelli. Un gesto che evidentemente non è stato sufficiente a lenire una morte così ingiusta.