"In alcuni casi anche la cottura può non bastare"

"La ‘sindrome sgombroide’ (diagnosticata a Carolina, Valentina e Sara, ndr) è una intossicazione dovuta all’alto tenore di istamina, che si forma, prevalentemente in alcuni pesci come il tonno, lo sgombro e le sardine, quando durante il percorso dalla pesca alla somministrazione qualcosa non si è svolto correttamente dal punto di vista della conservazione, principalmente per quanto riguarda il rispetto della catena del freddo". Lo precisa Claudio Benedetti, direttore del servizio veterinario Igiene degli alimenti di origine animale di Asur, che aggiunge: "Questi pesci sono ricchi di un amminoacido, l’istidina, che degrada facilmente in grosse quantità di istamina nel caso non si rispetti la temperatura di conservazione del prodotto da 0 a 4 gradi e tale processo, dovuto a determinati batteri, può acuirsi in caso di inquinamento microbiologico delle acque in cui avviene la pesca".

Benedetti puntualizza un altro aspetto: "L’istamina è termostabile e quindi, anche l’eventuale cottura del pesce non l’avrebbe eliminata". Insomma, le ragazze sarebbero state male anche se il tonno, anziché ‘scottato’ (come prevede la ricetta del tataky) fosse stato ben cotto. La cottura, comunque, è in grado di eliminare diversi altri rischi: "Io la definirei una bonifica sanitaria – afferma il direttore – perché neutralizza molte insidie a livello microbiologico e parassitologico proprie del pesce crudo, che per legge può essere servito tale solo dopo l’abbattitura, che consiste nel congelamento a -20 gradi per 24 ore o a -35 per 15 ore e consente di eliminare molti parassiti". In conclusione, alcuni consigli: "Acquistare il pesce solo dai rivenditori ufficiali. Se si tratta di prodotto decongelato, consumarlo entro 24 ore. Se è fresco va consumato, comunque, nel giro di pochissimi giorni e fino a quel momento occorre conservarlo a una temperatura da 0 a 4 gradi".

s.fr.