Fano, macchina sforna-mascherine inventata dagli studenti

L'esperienza maturata durante il lockdown al corso di Robotica e Innovazione digitale

Gli studenti e la macchina inventata

Gli studenti e la macchina inventata

Fano, 18 ottobre 2020 - Sfruttare un’esperienza negativa come il lockdown, per progettare un macchinario (gestito a distanza) capace di produrre mascherine chirurgiche. E’ stata una grande sfida che gli studenti del corso ‘Robotica ed innovazione digitale’ di ITS (il percorso biennale di Alta Specializzazione post diploma che si svolge al Codma all’interno della più ampia rete marchigiana di ‘Tecnologia e Made in Italy’) hanno parzialmente vinto: il progetto c’è ora attendono solo di poterlo realizzare.

"La cosa più interessante - spiega il professor Vincenzo Paoletti, docente del corso in robotica e innovazione digitale - è che la macchina ideata è stata ingegnerizzata anche per avere uno scopo didattico. Cioè l’idea non è solo che possa produrre mascherine chirurgiche, ma anche di proporla alle scuole perché possa diventare un laboratorio di studio".

L’idea è nata in pieno lockdown, quando il professor Danilo Ausili (docente di meccanica e automazione) si è trovato a dover gestire non in presenza, la progettazione di un macchinario evoluto con una classe di 27 studenti uniti da remoto. In quel periodo difficile e inaspettato, il docente doveva tenere coeso il gruppo (giovani dai 20 ai 25 anni, con qualche 30enne nel mezzo) e motivarlo. Quale tema migliore se non quello di trovare una soluzione al problema del momento, ovvero la carenza di mascherine? "In Italia non eravamo autosufficienti con i respiratori, con le mascherine... - continua il prof - Avevamo tutta la tecnologia, ma in casa queste cose non le producevamo più. I ragazzi si trovavano a casa per quel motivo e quindi sono stati molto motivati a lavorare". Al termine del lockdown avevano già realizzato, nella realtà virtuale, un disegno che ora cerca 60mila euro di finanziamenti per diventare un prototipo vero e proprio.

«Dovrebbe essere non più lungo di 5 metri, non più alto di due per una larghezza di circa un metro. Non peserà più di un paio di quintali. Il processo produttivo parte da tre rotoli di tnt e finisce con un sistema robotico che impacchetta le mascherine, prodotte una al secondo, 3600 l’ora, 86mila al giorno". Un’altra cosa interessante del progetto, che stima di metter in produzione il macchinario per venderlo a circa 40mila euro, con un costo per mascherina di soli 35 centesimi, è che "abbiamo fatto un processo di ingegneria inversa - conclude Paoletti -. I cinesi sono famosi perchè copiano la tecnologia nostra. I nostri ragazzi invece si sono ispirati a dei modelli che in quel momento si stavano sviluppando in Cina. Sostanzialmente la macchina unisce tre strati di materiale, li salda e li taglia. Un classico processo manifatturiero".