Morì nel torrente Condanne confermate

Nel processo d’Appello in sede civile ritenuti responsabili il Comune e la Provincia . Aumentato il risarcimento

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Sul fronte penale, sono stati tutti archiviati. Ma per il giudice civile sono loro, la provincia di Pesaro e Urbino e il Comune di San Costanzo, i responsabili della morte di Antonio Rizzello, lo chef di 60 anni travolto e ucciso dall’esondazione del torrente Rio Grande il 28 novembre 2010. Una responsabilità confermata qualche giorno fa anche dai giudici della Corte d’appello di Ancona, che hanno respinto l’impugnazione dei due enti contro il verdetto di primo grado e di nuovo ribadito la condanna al pagamento del risarcimento danni ai famigliari di Rizzello (difesi dagli avvocati Nicola Baiocchi e Federica Magi). Anzi.

I giudici dorici hanno anche aumentato la somma destinata ai parenti. "Una pronuncia molto importante, che rende giustizia in primis a Rizzello e poi ai suoi cari – commenta l’avvocato Baiocchi – una giustizia che non hanno potuto avere sul piano penale". La tragedia del cuoco ha avuto infatti una storia giudiziaria molto travagliata. La morte di Rizzello, che era annegato all’interno della sua auto la sera di quel 28 novembre 2010, travolto dalle acque del torrente ingrossato dopo una giornata di piogge intense, era rimasta senza responsabili.

La famiglia, assistita dai legali, aveva sempre fatto presente che se la Provincia e il Comune di San Costanzo avessero effettuato l’adeguata manutenzione dell’alveo del Rio Grande, questo non si sarebbe ingrossato a quei livelli, arrivando a tracimare e a travolgere l’auto di Rizzello che passava in quel frangente sul ponte sopra il torrente. Dopo varie archiviazioni, la procura aveva iscritto nel registro degli indagati, a settembre 2017, Matteo Ricci e Stefano Gattoni, all’epoca dei fatti rispettivamente presidente e dirigente del servizio acque della Provincia. Contro di loro, l’ipotesi di accusa era di concorso in omicidio colposo legato alla manutenzione del corso d’acqua.

Stessa sorte era toccata poco dopo anche a Raniero De Angelis, allora dirigente della manutenzione delle reti idriche provinciali. Ma mesi più tardi, per tutti e tre, il pm aveva chiesto l’archiviazione. Gli avvocati della famiglia di Rizzello si erano opposti. Ma il gip aveva accolto la tesi della procura e archiviato gli indagati. Sul fronte penale, il caso era chiuso. Ma non su quello civile. E l’altro giorno, lo hanno confermato anche i giudici dell’appello.

e.ros.