Morì travolto, la compagna vuole giustizia

Gioia Bucarelli, pergolese, docente, si è rivolta alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Huub Pistoor fu vittima di un incidente nel 2019

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Si è rivolta alla Corte Europea dei Dritti dell’Uomo, per ottenere giustizia per il suo compagno, Huub Pistoor, ingegnere elettronico olandese, per molti anni in Italia, morto il 23 marzo del 2019 a 56 anni su una strada di Agugliano (An), travolto dal rimorchio staccatosi da un autocarro.

Lei è Gioia Bucarelli, pergolese, docente all’istituto Polo 3 di Fano, che si è vista negare l’istituzione di un processo sull’accaduto dalla Procura di Ancona e ha deciso, con determinazione, di andare oltre.

"Non avendo ottenuto verità e giustizia nel nostro Paese, abbiamo inviato un ricorso alla Corte di Strasburgo – esordisce la prof -. Per Huub, per le vittime e i loro familiari, per la tutela della vita sulla strada e sul lavoro. C’erano i requisiti per poterlo presentare: nel caso di Huub lo Stato italiano è stato inadempiente sotto 2 profili. Non ha saputo garantire un sistema efficiente riguardo alle revisioni del rimorchio e dell’autocarro e non ha saputo garantire giustizia. Ricordo, infatti, che il mio compagno è stato travolto e ucciso da un rimorchio che si era staccato dalla motrice di un camion colpendo la sua auto".

Gioia Bucarelli ripercorre le fasi che l’hanno indotta ad adire alla Corte Europea: "Per oltre 3 anni io e la figlia di Huub, Anna, abbiamo chiesto che fossero accertate tutte le cause e le responsabilità, presentando per due volte opposizione alla richiesta di archiviazione, ma è stata negata la celebrazione di un processo.

Nella seconda ordinanza di archiviazione si legge che l’evento mortale è derivato dalla vetustà e dall’inadeguata manutenzione dei mezzi, che vi è una colpa per tale mancata corretta manutenzione e soprattutto per aver fatto circolare un veicolo pericoloso ma, al tempo stesso, si ritiene superflua la celebrazione di un processo". Ora, Gioia e Anna, attendono con fiducia l’esito del ricorso in sede europea: "Anche perché si tratta di un tema d’interesse pubblico, che riguarda la salute e la vita di tutti gli utenti della strada – riprende -. Le più importanti riforme degli ultimi anni derivano da sentenze della Corte di Strasburgo e sarebbe motivo di conforto l’attenzione per le morti sul lavoro e sulla strada, da noi più numerose che in altri paesi, ma nonostante ciò ancora sottovalutate. Speriamo che possa affermarsi un principio di civiltà e che la morte di una persona sia riconosciuta motivo sufficiente per celebrare un processo".

Sandro Franceschetti