
Scontro a distanza sul tema del "genocidio" a Gaza: da un lato il ministro Giuli che contesta questa lettura portando il pensiero di Liliana Segre; dall’altro, la giornalista Rula Jebreal che invece la sposa in pieno. Intanto il Consiglio boccia la mozione dei 5 Stelle.
di Tiziana Petrelli
Domenica sera, mentre in piazza XX Settembre il ministro della Cultura Alessandro Giuli raccontava al pubblico di Passaggi Festival il suo incontro privato con Liliana Segre, a poche centinaia di metri, al Pincio, la giornalista Rula Jebreal parlava del suo ultimo libro dal titolo inequivocabile: "Genocidio". Due voci, due piazze, due letture diverse su quanto accade in Medio Oriente. E, numeri alla mano, a Fano – dove il dibattito sulla Palestina è particolarmente vivo – il pubblico ha scelto la giornalista palestinese.
"Liliana Segre è una delle più alte personificazioni della moralità di un’Italia che ha trovato riscatto dalla barbarie – ha detto Giuli –. Quando ha saputo che sarei venuto a questo splendido festival mi ha chiesto di passare da lei, nella sua casa di Pesaro. Abbiamo parlato del Memoriale di Milano, dei nostri figli e nipoti, ma soprattutto dell’odio che le viene riversato addosso per la sua posizione su Gaza". La senatrice a vita, ha riferito il ministro, avrebbe ribadito anche a lui che quanto sta accadendo nella Striscia è "inaccettabile", ma non può essere chiamato genocidio.
"Sono d’accordo con lei – ha continuato Giuli –. Una cosa è l’industria dello sterminio nazista, scientificamente pianificata per cancellare un intero popolo; un’altra, per quanto orribile, sono i crimini di guerra". Dichiarazioni che hanno assunto un peso politico e simbolico ancora maggiore considerando che, in contemporanea, la voce di Rula Jebreal si alzava dai giardini del Pincio per denunciare proprio ciò che il titolo del suo libro definisce senza mezzi termini: "Genocidio".
E proprio questo scarto alimenta l’acceso dibattito in corso in città, con la piazza della giornalista gremita ben oltre le sedute disponibili e i social inondati da sue foto e commenti. "Una marea di gente ad ascoltare il racconto del genocidio di Gaza da parte della straordinaria Rula", ha scritto Luciano Benini. Più tagliente, ma criticato, il commento dell’ex segretario del Pd Bacchiocchi: "Rula batte Giuli 6 a 0". Nessun amministratore comunale era presente all’evento con Jebreal: erano tutti seduti sotto il palco del ministro. Il divario tra le due piazze, però, non è solo numerico. È politico. È culturale. Ed è profondamente radicato nella sensibilità della città di Fano, che da mesi discute e si mobilita sul tema.
Il primo giugno erano scese in strada circa 700 persone per una marcia pro Palestina. La questione è arrivata in consiglio comunale, ma senza risultati: la mozione della minoranza è stata respinta e l’emendamento 5 Stelle per condannare l’azione militare israeliana è stato bocciato. Un’occasione mancata, secondo le 23 associazioni firmatarie del comunicato diffuso proprio ieri: "Il consiglio comunale ha partorito il topolino", si legge nel testo che accusa la maggioranza fanese di "cinismo" e "silenzio complice". Il documento – sottoscritto da realtà come Emergency, Anpi, Auser, La Lupus in Fabula, ActionAid, Agedo e altre – denuncia un massacro quotidiano: 56mila morti a Gaza, due terzi donne e bambini. Ospedali al collasso, fame, sete, coloni armati in Cisgiordania. E accusa l’Europa, e con essa il consiglio comunale di Fano, di non voler vedere. A Fano, insomma, la guerra a Gaza non è un tema da talk show. È vissuta con partecipazione, con dolore e con impegno civile. E il pienone del Pincio per Jebreal, rispetto alla compostezza formale di piazza XX Settembre, lo ha reso visibile, oltre ogni comunicato.