
Dopo più di quattrocento anni, la statua originale realizzata nel 1593 da Donnino Ambrosi sarà finalmente restaurata. È l’emblema della città
È l’emblema stesso della città, la Dea Fortuna che campeggia sulle antiche monete fanesi e attraversa secoli di identità collettiva. Dopo più di quattrocento anni, la statua originale realizzata nel 1593 da Donnino Ambrosi sarà finalmente restaurata. Conservata lungo lo scalone del Museo Civico di Palazzo Malatestiano, tornerà a splendere grazie a un dono del Rotary Club di Fano, che ha scelto di celebrare così il proprio settantesimo anniversario. L’annuncio è stato dato durante il passaggio del martelletto tra Michele Brocchini, presidente uscente, e la nuova presidente Cristina Lamacchia.
"Cercavamo un gesto concreto per lasciare un segno alla città – ha detto Brocchini – e quando Lucia Tarsi, assessore alla cultura e nostra socia, ha proposto di prenderci cura della Dea Fortuna, abbiamo capito subito che era il progetto giusto. Quella statua rappresenta Fano". Il progetto, coordinato con l’amministrazione comunale e il Sistema Museale, prevede un investimento di circa 5.000 euro. L’intervento sarà realizzato in loco da un restauratore specializzato e durerà circa un mese. "La statua presenta segni di corrosione e incrostazioni – ha spiegato Claudia Cardinali, funzionaria dei beni culturali – ma potrà essere trattata senza spostamenti, a beneficio della sua conservazione. Saranno svolte anche indagini diagnostiche per conoscerla meglio". L’obiettivo, però, non è solo conservativo. "Abbiamo immaginato questo intervento come un vero service culturale – ha spiegato Lamacchia – costruito in continuità tra presidenti, con uno spirito di collaborazione con il Comune. La statua della Fortuna è ancora poco conosciuta: molti non sanno nemmeno che quella in piazza sia una copia. Vogliamo restituirle visibilità, e restituire ai cittadini una parte autentica della propria storia". In parallelo al restauro, saranno organizzati incontri divulgativi, visite guidate e approfondimenti tematici, anche con l’ipotesi di digitalizzazione dell’opera.
"Non si tratta solo di un cantiere – ha sottolineato Flavia Casillo, funzionaria del Sistema Museale – ma di un’occasione per valorizzare e raccontare una statua che ha avuto una vita davvero movimentata". Casillo ha infatti rievocato alcuni aneddoti poco noti che avvolgono l’opera in un’aura quasi leggendaria. "Commissionata nel 1590 per la rinnovata fontana cittadina, la statua richiese tre anni di lavoro. Ogni volta che lo scultore tentava la fusione, il bronzo si rompeva, la forma si crepava. Alla fine, esasperato, fece benedire la fornace, lo stampo e perfino il metallo. Solo allora, raccontano le cronache, la statua venne perfetta". Ma troppo perfetta, forse. "Era una figura femminile nuda, al centro della piazza – continua Casillo – e per l’epoca era un problema. Così ogni volta che scoppiava una carestia, una guerra o un’epidemia, veniva rimossa per evitare di ‘provocare’ la Chiesa. Finiva sempre nel palazzo pubblico, che oggi è il nostro museo. Da allora il legame con questo luogo è rimasto intatto". Dopo la Seconda guerra mondiale, l’originale è stata sistemata stabilmente al museo civico. In piazza, invece, fu prima collocata una copia in cemento, poi una replica in bronzo realizzata negli anni Settanta, dopo che un turista danneggiò la precedente tentando di salirci sopra per una foto.
Tiziana Petrelli