Fano, il Bistrot Cile's si inventa un casting per trovare personale qualificato

I ristoratori fanesi fanno sempre più fatica ad assumere gente

Giorgio Andrea Ricci e la figlia

Giorgio Andrea Ricci e la figlia

Fano 22 marzo 2018 - “Assurdo. Mi è toccato inventarmi la trovata di un casting per far rispondere la gente alla mia richiesta di assunzione di personale”. Ma dopo una giornata di audizioni, come si usa per accedere ad un reality show, la dura realtà assaporata da Giorgio Andrea Ricci, titolare del bistrot Cile’s e dell’adiacente Botanic, è che “la gente oggigiorno non ha assolutamente voglia di lavorare”. E così si scopre che la paradossale situazione denunciata l'altro giorno sulle colonne del nostro giornale dal titolare e chef del Burro e Alici di Marotta non è  affatto un caso isolato. 
 
 
“Ha ragione Patrignanelli. Trovare gente qualificata è impossibile. Si fa fatica persino a cercare personale con un minimo di esperienza.  Da mesi cercavo alcune figure professionali per i miei locali ( cuochi, camerieri e barman), ma avranno risposto all’annuncio un paio di persone. Così mia figlia ha avuto l’idea di usare la parola ‘casting’ e in poche ore ci hanno scritto un sessantina di persone”. Una provocazione che ha portato i suoi frutti. “Lunedì abbiamo incontrato gli aspiranti dipendenti. Dei sessanta che si erano informati scrivendoci su Facebook, se ne sono presentati venticinque. Ne abbiamo selezionati tre, quelli che sembravano piu adeguati”. Ma si è presentato di tutto… persino l’aspirante chef che non aveva mai cucinato. “Per ora ho cucinato solo a casa mia per amici e parenti… mi hanno fatto tutti i complimenti” ha detto un giovane che non vantava neppure il diploma Alberghiero.
 
“Sono rimasto senza parole – confessa Cile -, ma non è stato il peggio che abbiamo visto quel giorno io e mia figlia. È venuto anche un ragazzo pieno di tatuaggi, il dilatatore nelle orecchie zeppe di orecchini e l’anello al naso: non discuto le scelte personali però quando sei al pubblico conta anche il tipo di locale in cui ti presenti, lui lo vedo meglio in un pub piuttosto che da me. Poi è arrivata anche una signora sulla sessantina che pur di lavorare si accontentava di fare la cameriera. Ma quella del cameriere è una professionalita complessa, non è un ripiego lavorativo”.  Insomma, un mare di situazioni diverse che riflettono in molti casi anche la disperazione della gente per un mercato del lavoro sempre piu liquido.
 
“Oggigiorno noi imprenditori ci imbattiamo in situazioni strane: non dico che la gente non abbia piu voglia di lavorare… ma hanno tutti molte esigenze. La mia generazione invece lavorava e stava zitta. Perche la ristorazione e questo: sacrificio. Noi lavoriamo quando gli altri fanno festa. Invece oggi ti arriva il ragazzino che: ah io voglio lavorare solo di giorno… io solo il sabato… ah il sabato e la domenica non posso; sì, ho gia fatto la cameriera (e portano il caffè al tavolo senza piattino e cucchiaino). Sì voglio lavorare (e poi ti lasciano a piedi sul più bello), voglio lavorare però non voglio essere messa in regola perché prendo la disoccupazione; voglio lavorare però per lo stipendio che mi dai preferisco stare a casa e prendere la disoccupazione. Posso lavorare fino ad aprile poi faccio la stagione per poi prendere la disoccupazione?”. Per Cile’s il problema è che la scuola non forma piu i professionisti di una volta e gli imprenditori sono schiacciati da fiscalità e regole di mercato ‘assurde’. “Per un dipendente che mi lavora 10 mesi io pago 15 stipendi più i contributi. Quei soldi io sarei piu contento di darli a chi mi lavora bene e con passione… se si trovasse”.