Fermo, 24 marzo 2011 - 'NOI ITALIANI'. Due parole che possiamo pronunciare con sicurezza da 150 anni, da quando nel 1861 è iniziata una Storia, la nostra. Ma che cos’è l’Unità?


L’Unità è il frutto di numerosi sacrifici, rivolte e battaglie; infatti, gli italiani sono stati protagonisti di ben tre guerre d’indipendenza che li hanno liberati dalla dominazione straniera nel 1848, nel 1859 e nel 1866. In queste rivolte, da soli, con i Francesi o con i Prussiani, i patrioti italiani si sono sempre battuti con coraggio e valore per rendere l’Italia unita e indipendente, guidata dai comuni valori della libertà, del coraggio e dell’amor di patria.

Per raggiungere tali obiettivi molti italiani si sono dovuti sacrificare; ma lo hanno fatto con la consapevolezza che, anche se avessero perso la vita, la loro vittoria sarebbe stata sinonimo di libertà, nel presente e nel futuro. Ora, dobbiamo ignorare tutto questo? Dobbiamo restare indifferenti nei confronti di quelle migliaia di persone che hanno dato la loro vita perché si possa, oggi, essere uniti sotto un’unica bandiera? In parole povere, dobbiamo festeggiare o no, il 17 marzo, l’Unità d’Italia? Non si tratta di un interrogativo retorico, bensì di una questione che ha generato più di una polemica. Ma la città di Fermo cosa ne pensa? Abbiamo intervistato in proposito alcune centinaia di cittadini nei diversi quartieri: ne è risultato che il 92% della popolazione è favorevole ai festeggiamenti, mentre l’8% ha espresso parere negativo, perché ritiene che la festa sia solo un modo per non lavorare, con la conseguenza che si perderanno tempo e denaro.


Tra i favorevoli, un consigliere comunale, che sostiene: "È giusto festeggiare l’Unità d’Italia poiché la nazione è in preda ad egoismi e campanilismi, e questa festa giova a ricordare che ragazzi del Nord hanno versato il loro sangue per ragazzi del Sud e viceversa. Dato che la memoria con il passare del tempo si affievolisce, questa festa ci ricorda tutto ciò". Tra i contrari, un cittadino della provincia di Bolzano, in visita dai parenti, che afferma: "Per noi i 150 anni non rappresentano soltanto Garibaldi e i moti ottocenteschi, ma ricordano anche la separazione dalla madrepatria austriaca: perciò non prenderemo parte alle celebrazioni".


Un dato preoccupante, emerso dalle interviste, riguarda la fascia di età che va dai quindici ai venti anni: la maggioranza, infatti, risulta completamente estranea alla questione unitaria, poiché non ne conosce la storia e i valori sottesi. La scuola, dunque, riveste un ruolo di primo piano nel sensibilizzare i giovani e, per loro tramite, la popolazione a temi di tale rilievo per la società civile. Ben vengano, quindi, tutte le iniziative volte