Un giorno per riflettere, per capire che l’Aids non è scomparso, che circola e fa ancora male. Il primo dicembre è la giornata mondiale contro l’HIV Aids, in realtà da diverso tempo se ne parla sempre meno, presi come siamo da nuove epidemie. Il risultato è che si arriva alla diagnosi sempre più tardi e che le cure cominciano quando ormai si è nella malattia conclamata. Nel reparto del Murri di malattia infettive sono 350 i pazienti che vengono seguiti e che, seguendo una terapia adeguata, hanno aspettative e qualità della vita del tutto normali. Nel 2021 il primario, Giorgio Amadio, ha registrato sei nuove diagnosi, quest’anno sono già sette i nuovi casi: "I dati fermani sono in linea con quelli del centro Operativo Aids – spiega Amadio – l’incidenza in Italia è in calo e sotto la media europea. Possibile che il Covid abbia rallentato le diagnosi, nel 2021 il 75 per cento dei maschi eterosessuali e i due terzi dei casi tra le femmine è stato individuato quando ormai la malattia era avanti col suo percorso. Ogni anno sono circa 1800 i nuovi casi in Italia, l’infezione risulta più diffusa tra i maschi nella fascia di età tra i 30 e i 39 anni e per l’80 per cento dei casi deriva da rapporti sessuali a rischio e non protetti".  Oltre un terzo delle persone con nuova diagnosi scopre di essere Hiv positivo a causa della presenza di sintomi o patologie correlate, qualcuno fa il test in seguito a rapporti sessuali non protetti, comportamenti a rischio non specificati, accertamenti per altre patologie e raramente per iniziative di screening o campagne informative che da qualche anno si fa sempre più fatica a fare: "E’ essenziale parlarne, tornare a parlarne coi giovani, far capire loro che la malattia c’è, esiste, e non riguarda certe categorie di persone piuttosto che altre – spiega ancora Amadio – la buona notizia è che oggi si tratta di una problematica che si può tenere sotto controllo, si può evitare il contagio delle persone che sono vicine al sieropositivo e soprattutto si può condurre una vita normale, grazie a farmaci sempre meglio tollerati e che non interferiscono con la vita quotidiana delle persone". Serve capire che ci si salva la vita proteggendosi, senza azzardi, senza rischiare e senza emarginare le persone malate. L’emergenza Aids degli anni ’80 non c’è più, la scienza ha fatto passi da gigante, l’essenziale è che non si abbassi la guardia e ci si difenda da una malattia che si può evitare, che si può fermare, con la conoscenza e la consapevolezza. Angelica Malvatani

Cronaca

Un giorno per riflettere, per capire che l’Aids non è scomparso, che circola e fa ancora male. Il primo dicembre è la giornata mondiale contro l’HIV Aids, in realtà da diverso tempo se ne parla sempre meno, presi come siamo da nuove epidemie. Il risultato è che si arriva alla diagnosi sempre più tardi e che le cure cominciano quando ormai si è nella malattia conclamata. Nel reparto del Murri di malattia infettive sono 350 i pazienti che vengono seguiti e che, seguendo una terapia adeguata, hanno aspettative e qualità della vita del tutto normali. Nel 2021 il primario, Giorgio Amadio, ha registrato sei nuove diagnosi, quest’anno sono già sette i nuovi casi: "I dati fermani sono in linea con quelli del centro Operativo Aids – spiega Amadio – l’incidenza in Italia è in calo e sotto la media europea. Possibile che il Covid abbia rallentato le diagnosi, nel 2021 il 75 per cento dei maschi eterosessuali e i due terzi dei casi tra le femmine è stato individuato quando ormai la malattia era avanti col suo percorso. Ogni anno sono circa 1800 i nuovi casi in Italia, l’infezione risulta più diffusa tra i maschi nella fascia di età tra i 30 e i 39 anni e per l’80 per cento dei casi deriva da rapporti sessuali a rischio e non protetti". 
Oltre un terzo delle persone con nuova diagnosi scopre di essere Hiv positivo a causa della presenza di sintomi o patologie correlate, qualcuno fa il test in seguito a rapporti sessuali non protetti, comportamenti a rischio non specificati, accertamenti per altre patologie e raramente per iniziative di screening o campagne informative che da qualche anno si fa sempre più fatica a fare: "E’ essenziale parlarne, tornare a parlarne coi giovani, far capire loro che la malattia c’è, esiste, e non riguarda certe categorie di persone piuttosto che altre – spiega ancora Amadio – la buona notizia è che oggi si tratta di una problematica che si può tenere sotto controllo, si può evitare il contagio delle persone che sono vicine al sieropositivo e soprattutto si può condurre una vita normale, grazie a farmaci sempre meglio tollerati e che non interferiscono con la vita quotidiana delle persone". Serve capire che ci si salva la vita proteggendosi, senza azzardi, senza rischiare e senza emarginare le persone malate. L’emergenza Aids degli anni ’80 non c’è più, la scienza ha fatto passi da gigante, l’essenziale è che non si abbassi la guardia e ci si difenda da una malattia che si può evitare, che si può fermare, con la conoscenza e la consapevolezza.
Angelica Malvatani

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