Altre indagini sulla morte di Luciani. Il caso del sottotenente resta aperto

E’ quanto disposto dal giudice Teresina Pepe dopo che la famiglia si era opposta alla richiesta di archiviazione. L’allora comandante del Norm caricò la pistola, sparò al suo cane e si uccise. Ipotesi istigazione al suicidio.

Altre indagini sulla morte di Luciani. Il   caso del sottotenente resta aperto
Altre indagini sulla morte di Luciani. Il caso del sottotenente resta aperto

"Si indaghi a fondo sulla morte del sottotenente dei carabinieri, Oskar Luciani". E’ quanto disposto dal giudice per le indagini preliminari di Fermo, Teresina Pepe, dopo la richiesta d’archiviazione e l’opposizione presentata dal legale della famiglia, l’avvocato Roberto Chiossi. Colpo di scena sulla tragedia che si consumò il 30 maggio 2023, quando l’allora 55enne comandante della sezione operativa nel Norm attese che la moglie andasse al lavoro, caricò la pistola d’ordinanza, sparò al suo cane per puntarsi l’arma contro ed esplodere un colpo mortale. Il giudice avrebbe infatti individuato un presunto responsabile del suicidio in un’avvocatessa del foro di Fermo che si era invaghita del sottotenente e che, per un certo periodo, lo avrebbe perseguitato con una lunga serie di messaggi, telefonate e pedinamenti, come emerso dall’analisi del telefonino e del computer sequestrati dalla Procura della Repubblica di Fermo. Sempre secondo la ricostruzione degli inquirenti, l’avvocatessa, dopo aver minacciato di diffondere pubblicamente la notizia di una relazione tra lei e Luciani, raggiunse il Comando provinciale dei carabinieri di Fermo e speronò uno scooter convinta che fosse quello del sottotenente.

Una volta provocato l’incidente fu fatta scendere dall’auto dai militari dell’Arma presenti in caserma, che la trovarono in uno stato di alterazione psicofisica e con un pesante alito vinoso. L’avvocatessa, non paga di aver colpito lo scooter e in preda ai fumi dell’alcol, iniziò ad inveire contro Luciani, senza che lui fosse presente, chiedendo di voler parlare con i vertici dell’Arma e minacciando denunce contro l’allora comandante della sezione operativa del Norm. I carabinieri intervenuti tentarono di calmare la donna per poi allertare la polizia municipale per i rilievi del sinistro, che però non le praticarono la prova dell’etilometro, ma acquisirono le immagini dei sistemi di videosorveglianza. Il fatto si consumò il giorno prima della tragedia e i familiari sono convinti che il gesto estremo di quel maledetto 30 maggio 2022 sia strettamente collegato alla presunta escalation persecutoria attuata dall’avvocatessa nei confronti del sottotenente, timoroso di uno scandalo e di vedere infangato il suo nome. E’ proprio per questo che il giudice per le indagini preliminari di Fermo ha disposto un supplemento di indagini, ipotizzando il reato di istigazione al suicidio. "Le due figlie e la moglie – spiega l’avvocato Chiossi - hanno il diritto di sapere cosa sia realmente accaduto e io, in qualità di loro legale, farò tutto il possibile per arrivare alla verità. Dopo la penna e la carta, se sarà necessario, sono disposto anche a prendere la pala per scavare, perché se non si scaverà non si andrà mai a fondo e non si otterrà mai la verità".

Fabio Castori