"Basta con accuse inutili Qui seguiamo i protocolli"

Ciucani difende il lavoro del Pronto soccorso tra emergenze e carenza di personale: i pazienti vengono sottoposti da uno a tre tamponi

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di Paola Pieragostini

"Quando c’è un problema, si cerca sempre un capro espiatorio, dimenticando di valutare e analizzare le rispettive responsabilità e la regolare adozione dello specifico protocollo". Esordisce così Antonio Ciucani, direttore facente funzioni del Pronto soccorso dell’ospedale Murri, dove tanti reparti sono stati chiusi a causa delle diffusione del Covid tra pazienti, medici e infermieri.

Sotto accusa per questo è finito il Pronto soccorso, quel reparto chiamato giorno e notte all’accoglienza delle emergenze Covid e non Covid, che da marzo chiede a gran voce provvedimenti volti a affrontare una crisi sanitaria e di personale senza precedenti e dalle dimensioni annunciate che il Pronto soccorso sta vivendo.

Da eroi del Covid a untori. Come risponde a queste accuse? "Bisogna trovare a prescindere un capro espiatorio, senza valutare la realtà dei fatti e responsabilità professionali e istituzionali. Il Murri fa i conti con reparti medici contagiati, come gli ospedali delle province limitrofe, in maniera più o meno grave. Ci sono parametri da valutare, di cui non ho sentito parlare". Quali ad esempio?

"La tipologia del virus che ancora conosciamo poco e la sua spiccata mutabilità. Siamo in grado di escludere che la stessa non modifichi l’attendibilità dei tamponi? E poi ancora il fatto che non sia stato possibile mantenere i posti letto in ’aree grigie’ dei reparti e non ultimo il contesto in cui opera il Pronto soccorso, che è quello emergenziale".

Quindi?

"Le situazioni di emergenza infatti, non permettono di aspettare l’esito di un tampone molecolare, ma chiedono di agire con quello rapido al prezzo di salvare vite. Queste valutazioni e le difficoltà a cui il Pronto soccorso ha fatto fronte con la carenza di personale denunciata da mesi, non sono state menzionate con mio grande dispiacere. Tutti i pazienti ricoverati nei reparti passati dal Pronto soccorso, sono stati sottoposti da una a tre volte a tampone. Se poi quei pazienti, dopo un mese di ricovero sono risultati positivi, non si può dare la colpa al Pronto soccorso. Accusare chiunque è immorale, e io non ci sto alle accuse al mio reparto".

Ha parlato di tampone rapido in situazioni di emergenza. Cosa significa?

"Al Pronto soccorso i pazienti sono sempre stati sottoposti al test molecolare che può arrivare a tempi di risposta di 24 ore. In aggiunta a questo anche il test rapido, il cui risultato si ottiene in circa 50 minuti. Ma le procedure di emergenza non possono aspettare il molecolare"

Ci fa un esempio?

"Se arriva un soggetto con perforazione addominale e necessità di intervento chirurgico immediato, si ricorre al test rapido, perché aspettare ore per un molecolare può essere fatale".

Il contagio dei reparti è una realtà che accomuna sia la prima che la seconda fase del Covid. Perché oggi è più feroce?

"E’ difficile rispondere. La situazione è molto simile. Medici, infermieri e pazienti contagiati dieci mesi fa, come in questa fase. Viene da chiedersi se le misure anti contagio adottate siano state giuste o sbagliate o se le variazioni del virus abbiano influito sull’entità e modalità di trasmissione del contagio"

Parliamo di attendibilità dell’esito dei tamponi.

"Rispondo con la casistica: è appurato che un tampone di qualunque tipo, che dia esito negativo, è ’probabilmente negativo’ e non ’assolutamente negativo’. Allo stesso modo, ci sono pazienti che manifestano tutti i sintomi del Covid, ma danno ripetuti esiti negativi al tampone, così come c’è chi – a distanza di ore – dà un esito alternato di positività e negatività. Questo per dire che le variabili sono tante, nessun medico dovrebbe mai dimenticare che in medicina non esistono certezze assolute, così come non esiste il rischio zero. Chi oggi rifiuta o ignora queste valutazioni e va alla ricerca di colpevoli, vuole solo strumentalizzare un dramma di tutti".