Caporalato, turni massacranti e paghe da fame Sfruttati oltre 50 lavoratori: arresto e denunce

Maxi operazione della Finanza: nel mirino un pachistano che forniva connazionali anche clandestini alle imprese agricole. Erano costretti a spendere una parte del magro stipendio di massimo 3-4 euro all’ora per il trasporto giornaliero nei campi

di Marina Verdenelli

Pagati 3 euro all’ora e costretti a spendere anche una parte del loro magro e sudato stipendio per il trasporto giornaliero che il loro aguzzino pretendeva per portarli al lavoro. Caporalato per lavorare in campi agricoli. A commetterlo sarebbe stato un pachistano, contro i suoi stessi connazionali. Un giro di manodopera vasto al quale è stata posta la parola fine grazie ad una indagine del comando provinciale della guardia di finanza di Ancona che ha portato ad un arresto, 12 persone denunciate e più di 50 lavoratori sfruttati. Le accuse per i coinvolti nell’operazione denominata "Country workers" (lavoratori di campagna) sono intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (caporalato) e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

I finanzieri dI Ancona hanno lavorato ad una inchiesta coordinata dalla procura di Fermo e chiudendo una articolata indagine di polizia giudiziaria che ha consentito di stroncare un radicato fenomeno di sfruttamento illecito della manodopera irregolare, gestito da un pachistano che si sarebbe avvalso di una decina di aziende agricole operanti nella parte meridionale delle Marche. Sul campo hanno operato i finanzieri del Gico, del nucleo di polizia economico-finanziaria di Ancona, che hanno intercettato movimentazioni bancarie sospette che hanno consentito di risalire alle responsabilità di un imprenditore pakistano, domiciliato a Fermo. Quest’ultimo, al fine di fornire manodopera a basso costo alle imprese agricole coinvolte, avrebbe arruolato, stando alle accuse, connazionali in evidente stato di bisogno poiché irregolari sul territorio nazionale oppure, se regolari, con la necessità di lavorare per garantirsi i mezzi necessari sia per rinnovare e ottenere il permesso di soggiorno o per mantenere i propri familiari in patria. Le persone che sistemava erano destinate al duro lavoro nei terreni agricoli di terze persone, proprietari delle attività, in condizioni di sfruttamento.

Secondo la ricostruzione investigativa, i lavoratori venivano sottoposti a turni di lavoro massacranti, senza interruzioni e fruizioni di pausa pranzo, riposi festivi e settimanali, dietro l’erogazione di un compenso, in gran parte dei casi corrisposto in nero per occultare gli effettivi orari di servizio, ben al di sotto del salario minimo previsto dal contratto nazionale di categoria. Tariffe che difficilmente avrebbero superato i 3-4 euro all’ora. Il pachistano considerato il caporale del giro, avrebbe preteso da ogni operaio una quota giornaliera di 5 euro per le spese di trasporto e di consumo del carburante per portarli a destinazione. Quando non lavoravano i braccianti sarebbero stati costretti a dimorare in abitazioni fatiscenti sempre messe a disposizione dal pachistano capo. L’uomo è finito in carcere. La misura cautelare è stata eseguita dal Gico.

Le accuse mosse al pachistano sono tutte da confermare e dovranno trovare un riscontro in dibattimento se si arriverà ad un processo e a tutti i gradi di giudizio. Per la finanza l’indagine portata a termine si inserisce in una costante attività che le fiamme gialle svolgono per la salvaguardia dei lavoratori e a tutela dei diritti delle fasce più deboli della società. L’operazione di servizio si colloca nell’ambito del contrasto al lavoro nero.