PAOLA PIERAGOSTINI
Cronaca

Chiuse in manicomio sotto il fascismo: una mostra unica

Tocca l’anima la mostra foto documentaria "I fiori del male. Donne in manicomio nel regime fascista’ inaugurata l’8 marzo e...

La mostra ’Fiori del male’ a Monterubbiano

La mostra ’Fiori del male’ a Monterubbiano

Tocca l’anima la mostra foto documentaria "I fiori del male. Donne in manicomio nel regime fascista’ inaugurata l’8 marzo e allestita presso il Polo culturale San Francesco a Monterubbiano. Voluta dal sindaco Meri Marziali e curata da Annacarlo Valeriano e Costantino Di Sante, la mostra è composta da testimonianza fotografiche, lettere, diari e documenti conservati negli archivi dei manicomi, e riferiti al tempo che va dalla fine dell’800 alla seconda guerra mondiale, con un focus sul periodo fascista legato alle leggi in materia di trattamento delle malattie mentali. La mostra, nota a livello nazionale per le numerose edizioni itineranti allestite, sarà visitabile gratuitamente a Monterubbiano, fino al 5 aprile.

"La mostra – spiega Costantino Di Sante ricercatore universitario all’Università del Molise – porta questo titolo perché offre un viaggio di emozioni, sentimenti e condizioni sociali legati ai trattamenti riservati alle donne che siano state figlie, madri, mogli, spose o amanti, nei manicomi, durante il ventennio fascista, quando la legge del 1931 inasprì la condizione sociale che portava una donna ad essere rinchiusa. La documentazione arriva anche dal manicomio di Fermo, seppur la parte più consistente della stessa – prosegue il curatore – derivi dal manicomio di Teramo, uno dei più grandi dell’Italia meridionale, da cui proviene una documentazione straordinaria grazie al direttore Marco Levibianchini, a capo del manicomio negli anni 1924/1931".

Parole da cui si comprende l’intensità del percorso riflessivo che la mostra offre, in cui i volti delle ricoverate si intrecciano a diari, lettere e relazioni mediche. Documenti che raccontano la femminilità partendo dalla descrizione di corpi ‘inceppati’ che svelano l’insieme di pregiudizi e hanno alimentato la percezione della devianza femminile. "La mostra – conclude – nasce dalla volontà di restituire voce e dignità a quelle donne recluse. Durante il regime fascista si ampliarono i confini dell’emarginazione e della devianza, e i manicomi divennero strumenti di controllo e repressione. In questo contesto, il manicomio si rivela un osservatorio privilegiato per analizzare i modelli culturali".

La mostra, è quindi l’epilogo di un importante lavoro di ricerca e valorizzazione condotto grazie al recupero di documenti che ricostruiscono la memoria per restituirla alla storia.

Paola Pieragostini