Coronavirus Fermo, cinque 'sorvegliati'. Per ora nessun contagio

Ciarrocchi: "Ho tranquillizato tantissimi operatori che sono andati al Micam, non hanno necessità di effettuare il tampone"

Coronavirus, gli operatori: "Evitare contagio nei sistemi sanitari" (Foto Zeppilli)

Coronavirus, gli operatori: "Evitare contagio nei sistemi sanitari" (Foto Zeppilli)

Fermo, 29 febbraio 2020 - Procedure chiare con un obiettivo: evitare che siano contagiate le strutture sanitarie, limitando così un servizio essenziale. Durante l’Assemblea dei sindaci, lo sottolinea il direttore dell’Area Vasta 4, Licio Livini, che parla di strategie concordate con il Gruppo regionale per le emergenze sanitarie, in sinergia anche con l’Ordine dei medici. La responsabile dell’Asur, Nadia Storti, ricorda che il problema del Coronavirus è che la popolazione non possiede difese immunitarie rispetto ad un virus del tutto nuovo: "Il Gores è il coordinamento regionale che traduce in azioni operative le indicazioni del Ministero, ad oggi non abbiamo focolai marchigiani. Dobbiamo cercare di evitare che i cittadini potenzialmente contagiosi raggiungano le strutture sanitarie, ossia il nostro sistema di difesa e di cura".

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Il percorso è quello raccomandato: rivolgersi al numero verde regionale e ai medici di famiglia, i quali hanno uno schema di domande da fare ai soggetti per selezionare i casi da seguire. L’indicazione è di trattarli a domicilio, ricorrendo ai ricoveri solo se necessario. Una cinquantina i posti letto disponibili per malattie infettive, a Torrette e a Fermo, che resta punto di riferimento per le Marche sud.

Il responsabile del Servizio prevenzione per l’Area vasta 4, Giuseppe Ciarrocchi, spiega che nel Fermano ci sono cinque persone in sorveglianza, alle quali si misura la febbre due volte al giorno, ma finché non hanno sintomi non necessitano di tampone pur rimandendo in condizione di isolamento domiciliare volontario: "Il primo soggetto messo in sorveglianza oggi finisce, era stato a contatto stretto con un residente a Codogno che si è ammalato. Le altre quattro persone hanno avuto passaggi nelle zone rosse.

Le autosegnalazioni vanno valutate, abbiamo avuto tantissimi imprenditori al Micam di Milano, mi hanno fatto centinaia di telefonate per sapere se fare il tampone. In questo caso rischio non ce n’è". Il primario di malattie infettive, Giorgio Amadio, parla di una crisi prevedibile per gli infettivologi abituati a combattere batteri e virus: "Stavolta siamo di fronte ad un nemico di cui non abbiamo caratteristiche e nemmeno terapie, ci crea un po’ di apprensione, ma sono crisi che riusciamo a gestire, abbiamo strutture e competenze. Il problema è quello dei numeri, affrontare 10 pazienti è un conto, 100 è diverso. Con il pronto soccorso abbiamo predisposto un percorso di accoglienza, ricordando a tutti che ci sono a letto con l’influenza normale più di 3 milioni e mezzo di persone, lo scorso anno abbiamo avuto con il ceppo semplice 8 mila morti. Il Coronavirus ha una mortalità anche inferiore, l’80 per cento dei contagiati si rimette in piedi presto, ma il problema è la facilità di contagio, il rischio è che si debbano mettere a letto contemporaneamente 30 milioni di persone e di fermare un paese intero. Per questo è essenziale il contenimento del fenomeno". Antonio Ciucani è il responsabile facente funzioni del pronto soccorso, parla di forte tensione tra i dipendenti, peraltro sottodimensionati in maniera cronica ormai da anni: "La preoccupazione tra chi lavora c’è. Stiamo mettendo a punto un percorso che consenta di fare un pre triage fuori dal pronto soccorso, con una accoglienza da parte di una persona adeguatamente protetta, in un gazebo apposito, per dirottare le persone con la febbre nell’ala del reparto che abbiamo predisposto. Purtroppo, ci troviamo ad affrontare situazioni che non dovrebbero afferire all’emergenza, arrivano magari da zone rosse e non lo dicono, magari hanno forme lievi ma sono contagiosi, anche per i sanitari".

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