"Così ridiamo speranza a donne e minori"

Censi e Sollini, anime della comunità Sagrini: "Qui arrivano madri, orfani e ragazzini, storie terribili a cui cerchiamo di dare un lieto fine"

Migration

Quando è arrivata in comunità, al Sagrini, Giulia aveva le dita ferite e l’animo a pezzi, un bambino nella pancia e un altro per mano. Ci ha messo quattro anni a ricostruirsi, dopo anni di violenze, ha ripreso in mano la sua vita e quei bambini che nel frattempo erano diventati due, ha cambiato paese, ha trovato un lavoro e ricominciato a camminare. Giulia ce l’ha fatta ma ci sono voluti anni di sforzi, di cadute, di pianti e di risalite, la sua è una storia che si ripete all’infinito, a Fermo e ovunque, nel territorio in cui viviamo e nel quale spesso nemmeno ci accorgiamo di ferite così profonde. Al Sagrini c’è, da una vita, Laura Censi, a coordinare un’equipe di dieci persone, stabili, esperte, in grado di abbracciare tutto il dolore del mondo. Il direttore è Riccardo Sollini, insieme al Sagrini nella rete c’è la comunità Sant’Anna, a Santa Petronilla, e quella di Cupra Marittima e poi tutta l’esperienza maturata a Capodarco. Una media di 12 minori per ogni casa, con cinque madri spezzate dalla vita, italiane, non necessariamente arrivano da contesti di disagio, c’è del marcio anche nella normalità: "Ogni volta che arriva una nuova storia pensiamo di aver sentito tutto il male del mondo e invece poi scopriamo nuove violenze, crudeltà, privazioni. Ci parlano di vite chiuse in casa, di servizi negati, di acqua calda da risparmiare, di umiliazioni e sofferenze che alla fine diventano quasi normali. Quello che dobbiamo fare noi è, sempre, far capire a queste donne che possono permettersi di sognare, che non è colpa loro quello che è successo, che non sono inadeguate".

Non è un percorso facile e va affrontato con una rete di sicurezza: "Di sicuro abbiamo messo a sistema ogni nostro servizio, spiega Sollini, per dare a queste donne e ai loro figli la possibilità di compiere qui i primi passi e poi di andare verso l’autonomia, il lavoro, la libertà. Si fa fatica a far capire loro che possono crederci, che le teniamo qui per proteggerle e non per punirle di quello che è accaduto. Ricostruiamo la loro fiducia e ogni volta che una storia finisce bene per noi è un successo enorme". Arrivano su segnalazione delle forze di polizia e poi dei tribunale per i minori, arrivano e devono sparire per non farsi trovare, ma insieme devono tornare a scuola, al lavoro, nella vita normale: "Abbiamo una collaborazione molto forte con le scuole ad esempio ma anche con le aziende, affrontiamo le difficoltà della loro vita dovunque si presentino, ci facciamo davvero carico di ogni situazione perché si tolgano di dosso quel senso di colpa che qualcuno ha fatto indossare loro ma che non è giusto che provino", sottolinea ancora Laura. Nella casa, nel pieno del quartiere Santa Caterina, il Natale è già arrivato, ci sono gli orsacchiotti, i regali, le luci e l’atmosfera calda: "La prossima settimana avremo la nostra festa di Natale, ci saranno gli amici che ci sostengono, ci sono i nostri bambini e le mamme che sono felici di far vedere che questa è una casa, una famiglia, un passaggio di vita che si spera possa portarli lontano", racconta ancora Sollini che spiega anche come arrivino qui anche gli orfani dei femminicidi, bambini e bambine che hanno un trauma enorme: "Devono fare i conti con un duplice lutto e insieme si sentono colpevoli e sbagliati. È una elaborazione lunga e dolorosa, gli adolescenti dopo la pandemia stanno manifestando le loro ferite, il disagio che c’è, i problemi che hanno respirato. Dobbiamo loro delle risposte". Angelica Malvatani