Delitto Radu, c’è una svolta nelle indagini

Toja Besmi era un semplice sospettato, ora è stato rinviato a giudizio con l’accusa di omicidio volontario dell’operaio romeno

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Inizialmente sembrava un semplice sospettato, poi gli inquirenti hanno continuato a scavare e a raccogliere una miriade di indizi, tanto da incriminarlo per omicidio volontario. Il presunto assassino di Mihaita Radu, l’operaio 31enne di origini romene, residente a Porto Sant’Elpidio da una decina d’anni, ucciso con trenta coltellate sferrate alle spalle, ha un nome e un volto: si chiama Toja Besmir, ha 34 anni ed è albanese. L’uomo, difeso dagli avvocati Giovanni Lanciotti e Marco Tomassini, è stato rinviato a giudizio e a febbraio comparirà davanti alla Corte d’Assise di Macerata per essere processato. All’udienza preliminare il gup del tribunale di Fermo ha ammesso la costituzione di parte civile dei genitori della vittima, assistiti dall’avvocato Filippo Polisena, e del figlio, tramite l’ex compagna della vittima in quanto esercente la responsabilità genitoriale, assistito dall’avvocato Marco Bagalini.

"Confidiamo che il processo possa far luce su una vicenda – spiega l’avvocato Bagalini - che presenta ancora delle zone d’ombra. Abbiamo un imputato, il che significa che sia la Procura che il gup hanno ritenuto sussistere dei gravi indizi di colpevolezza, anche se ad oggi non è stata applicata alcuna misura cautelare. Scoprire la verità è un dovere giuridico e morale che abbiamo nei confronti della famiglia e soprattutto del figlio della vittima, privato dell’amore e dell’affetto paterno".

Il corpo senza vita di Radu era stato rinvenuto all’alba del 17 febbraio 2020 in via Pescolla, nella frazione Corva di Porto Sant’Elpidio, ma il decesso era stato fatto risalire ad alcune ore prima. Sul posto erano subito intervenuti i sanitari del 118, i carabinieri della Compagnia di Fermo e del Reparto investigativo del Comando provinciale, che avevano constatato la morte di Radu causata dall’emorragia provocata dalle coltellate. Sul cadavere gli specialisti del Reparto scientifico avevano rinvenuto trenta ferite inferte con un’arma da taglio non di grandissime dimensioni. Sul luogo in cui era stata trovata la salma, c’era solo un piccolo rigagnolo di sangue, attribuibile ad una perdita post mortem. Segno evidente che Radu era stato ucciso altrove, quindi caricato in macchina e trasportato nelle campagne elpidiensi. Sul corpo del giovane non erano stati trovati segni evidenti di una colluttazione: non aveva lottato e probabilmente era stato vittima di un agguato.

Sin da subito il sostituto procuratore di Fermo che ha coordinato le indagini, Alessandro Pazzaglia, si era attivato facendo acquisire le immagini registrate dai sistemi di videosorveglianza pubblici e privati. Erano state immediatamente sentiti parenti, amici e chi aveva frequentato la vittima lo stesso giorno.

Dalle registrazioni era emerso che l’ultimo ad essere stato visto in compagnia del Radu, intorno alle 2,45 di quel 17 febbraio, era stato Besmir, all’interno di un’Audi nera risultata poi di proprietà della compagna del 34enne. Fondamentali per l’incriminazione del presunto assassino sono state però le celle telefoniche agganciate dal cellulare dell’imputato nelle ore antecedenti al ritrovamento del cadavere. Questo tipo di accertamento ha dimostrato che Besmir si trovava nei pressi della frazione Corva, presumibilmente per abbandonare il corpo di Radu dopo averlo ucciso. Alla base dell’omicidio, secondo gli inquirenti, ci sarebbe una storia di cocaina, forse qualche piccolo debito mai saldato.

Fabio Castori