Fermo, la famiglia di Paolo: “Il suo sorriso ci dà grandi lezioni”

Uniti in ogni momento: ha la sindrome di down e sogna di vivere da solo

La famiglia

La famiglia

Fermo, 22 novembre 2018 - È sempre una questione di sentimenti, di rispetto, di educazione. Prosegue il nostro viaggio nella vita delle persone con disabilità, nelle storie delle loro famiglie: quella di oggi è la seconda tappa. E ogni volta ci si accorge che dentro queste case c’è una forma diversa di felicità, più piena perché fatta di tante sfumature, c’è un senso di protezione particolare tra le persone , i sogni invece, quelli sono tutti uguali. Poi ci sono i bulli che feriscono, e quasi sempre approfittano dei viaggi sui pullman per andare a scuola, e poi ci sono gli amici che salvano e si prendono cura, loro sì davvero eroi dei nostri tempi. E c’è il sogno di un cane grande, per poter andare in giro senza paura, perché possa tenere a bada i ‘nemici’, quelli che non conoscono la bellezza di una vita senza parole, ma carica di emozioni e di conquiste da mettere via, una dopo l’altra.

SI può essere madri di pancia e madri di cuore, madri che scelgono una maternità che comprende solo amore, per la vita in ogni sua espressione. Ornella è mamma così, la sua è una storia che si moltiplica per due, con Michele e Paolo scelti e voluti, due neonati abbandonati in ospedale, per un percorso vissuto mano nella mano col marito Massimo Catinari. Per primo è arrivato Michele che aveva otto mesi e li aspettava in Colombia: «Quando ci siamo sposati eravamo giovanissimi – racconta Ornella – ma abbiamo saputo subito di non poter avere figli. L’adozione è stata una scelta del tutto naturale, avevo tanto da dare, insieme potevamo dare tanto, abbiamo deciso di avviare le pratiche. Ci sono voluti un po’ di anni, ma poi siamo andati a prendere quel piccoletto in Colombia, con la sua pelle ambrata e il suo sguardo sempre un po’ più adulto della sua età».

Michele non voleva restare figlio unico, Ornella e Massimo erano pronti, c’era un altro bimbo da portare a casa, dentro la famiglia: «Ci hanno detto che a Monza c’era un bambino di quattro mesi, con la sindrome di Down, pure lui abbandonato in ospedale – spiega –. Michele ha detto subito sì a questo fratello speciale, io ci pensavo un po’ perché mi immaginavo di caricare lui di questa responsabilità, di dover seguire nel futuro il fratello. E sempre lui, che aveva sei anni ma ragionava da grande, mi ha detto: io non ho nessun problema con questo bambino speciale, forse sei tu che hai paura. Ecco, lì tutto si è sciolto e Paolo è entrato nella nostra vita». Paolo aveva tanti capelli che poi ha perso, il pancino un po’ gonfio, la bocca sempre piegata in un sorriso e la voglia di vivere tutto quello che si poteva: «Con i suoi tempi, certo, Michele era precoce su tutto, lui invece a tre anni ancora non camminava e a parlare non ha imparato mai. Ha fatto tutto piano, ma il sorriso, è stato per noi una luce positiva, un viaggio fatto insieme, col fratello Michele sempre al suo fianco».

Papà Massimo ha trovato i software che potessero aiutarlo, ha costruito per lui un’autonomia vera: «Abbiamo puntato tanto su questo, lui sogna di andare a vivere da solo un giorno e noi proveremo a dargli questa possibilità. Sa andare per strada, è anche un po’ incosciente, un giorno è uscito di casa da solo senza avvertirci ed è andato in piazza che c’era il mercatino, si è preso una pizza e poi ha tentato di riprendere la strada giusta. L’abbiamo ritrovato grazie all’aiuto di persone amiche ma non era per nulla spaventato». Ha pianto Paolo sul pullman che lo portava a scuola, all’alberghiero, a Porto Sant’Elpidio, era stato preso di mira da coetanei senza cuore che lo hanno fatto agitare. In classe invece ha dei compagni straordinari: «Quando vediamo le ombre poi arriva anche la luce, i suoi compagni sono stati splendidi ma i rischi ci sono e non sempre stiamo tranquilli».

Oggi Paolo stringe forte i suoi genitori e si prende i baci di papà e lo sguardo complice di Michele. Ha un sacco di sogni da avverare, il primo è di andare a cucinare alla mensa della polizia e magari gli fanno indossare una divisa, lui intanto si allena a stare sull’attenti mentre suona l’inno nazionale. E poi sogna che papà Massimo diventi sindaco, che il Soccer Dream, la squadra in cui gioca al calcio, vinca sempre. Sogna una bella gara di atletica, lui che ha l’allenatore migliore, il suo amico Alceste Nepi. Nel viaggio di Paolo c’è sempre Michele che studia per diventare medico, c‘è l’amico Marco Marchetti, c’è Pon Pon, il barboncino adorato, ma c’è anche un cane grande che un giorno vorrebbe vicino, perché così i cattivi non potrebbero più fargli del male.