Disturbi alimentari "Siamo un modello, ma il nostro centro più di così non può fare"

‘L’appetito vien parlando’ è il lavoro firmato da Patrizia Iacopini e Franco Lolli

Disturbi alimentari  "Siamo un modello,  ma il nostro centro  più di così non può fare"
Disturbi alimentari "Siamo un modello, ma il nostro centro più di così non può fare"

Corpi esili, fragili, inconsistenti eppure ingombranti, pesanti, odiati. Corpi che parlano e chiedono aiuto e dentro quei corpi anime di ragazzi e di ragazze che non sanno più vivere e cercano di morire. Sono le storie che da molti anni arrivano al centro per i disturbi del comportamento alimentare di Fermo, un luogo di accoglienza e di presa in carico che però aspetta ancora l’accreditamento, spazi più ampi e la moltiplicazione del personale, per dare risposte alla fame, la parola non è causale, che c’è. Un’esperienza di successo in grado di offrirsi come modello, i percorsi messi a punto al centro sono oggi dentro un libro snello, un utile guida per chi si è smarrito e non sa dove ritrovare il filo. Si intitola ‘L’appetito vien parlando’ il lavoro firmato dalla responsabile del centro, Patrizia Iacopini, e da Franco Lolli, psicanalista e supervisore clinico delle case di cura che ha conosciuto a fondo l’esperienza del centro fermano. Ogni giorno arrivano telefonate di genitori disperati, c’è una ragazza di 18 anni già in condizioni gravi e fortemente sottopeso, una bambina di 12 anni in seria difficoltà e tante, tante altre richieste: "Non riusciamo a dare nuove risposte, spiega la dottoressa Iacopini, ad oggi abbiamo sette ragazze al centro diurno, dal mattino fino alle 16, e 400 in cura ambulatoriale ma questi sono i numeri massimi che possiamo garantire, con la nostra equipe multidisciplinare, per mantenere il nostro livello di cura".

Il libro è l’esperienza condivisa con tutti gli operatori che qui davvero vivono in prima persona il loro lavoro, con empatia, passione, grande partecipazione: "Il senso della nostra esperienza è nei pasti che le ragazze affrontano ogni giorno, sappiamo che per loro è il momento peggiore, quello in cui pesano le calorie, misurano i grassi, rifuggono certi cibi, temono l’olio e così via. Abbiamo consolidato un modello, con le solide basi teoriche del dottor Lolli, che parla di pasti condivisi con le ragazze da parte degli operatori, momenti in cui si parla di musica, di cinema, di cose altre rispetto al cibo e al peso. Si sta bene, in serenità, assumendo le calorie necessarie ad arrivare ad una uscita dalla fase critica, regolate dal dietista che si occupa anche di fare le porzioni. Loro, le ragazze, si fidano e si affidano, riescono a fare tre pasti, la colazione, il pranzo e la merenda, ciascuna con un percorso personalizzato, e piano piano arrivano anche a fare le porzioni da sole e ad autoregolarsi. Una strada che in media richiede anche tre mesi di tempo prima di avere successo, a volte ci vuole un anno intero, insieme con altre attività riabilitative come lo yoga, il teatro, il canto, una sorta di accompagnamento per un ritorno alla vita e alla sua bellezza". Una situazione, quella della fragilità dei più giovani, condivisa anche dalla responsabile dell’unità operativa di psichiatria, Mara Palmieri, in un tempo, quello del post pandemia, che ha visto i disturbi del comportamento alimentare aumentare del 40 per cento. La psichiatra Laura Dalla Ragione, dall’Umbria, spiega che Fermo è centro di riferimento per i disturbi dell’alimentazione che toccano oggi anche i bambini

Angelica Malvatani