"Dobbiamo riavvicinare i giovani alle nostre imprese"

Fenni, della sezione calzature di Confindustria: "Le griffe che hanno scelto questo territorio possono essere una risorsa"

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L’evoluzione del distretto calzaturiero del fermano sempre più attrattivo grazie alla concomitanza di due fattori: l’interesse delle grandi griffe a produrre nel territorio e il reshoring che è il fenomeno economico che consiste nel rientro a casa delle aziende che in precedenza avevano delocalizzato in Paesi asiatici o in Paesi dell’Est Europa. Per spiegare questa fase Valentino Fenni, presidente sezione calzature Confindustria sottolinea: "Il nostro territorio è sempre più attrattivo per il mondo del lusso, delle griffe. Questo perché le nostre competenze non hanno eguali nel resto d’Italia. Ci hanno provato a puntare su zone economicamente più vantaggiose, ma la manifattura ha bisogno di qualità, delle mani degli artigiani del nostro distretto". Ad attrarre gli investitori stranieri sono anche le competenze? "Certamente infatti, c’è un altro aspetto da non trascurare, quello delle professionalità necessarie per garantire prodotti di alto livello. Molti brand alla fine preferiscono assumere direttamente figure chiave in forza ad altre imprese, rischiando così di indebolirle. Questo perché è sempre più difficile trovare giovani che abbiano voglia di imparare un mestiere e siano in grado di tramandare la tradizione unendola all’innovazione di cui sono portatori". Cosa intendete fare per i giovani? "I giovani sono al centro dei nostri pensieri, sono un punto fermo del mandato del nuovo presidente di Confindustria Fermo Fabrizio Luciani. Ma sappiamo bene che il nodo restano le famiglie. Lavorare in fabbrica non è più come negli anni ’60, con luoghi meno salubri e stipendi bassi. Oggi un dipendente calzaturiero, ma vale anche per figure come il piegatore di lamiere nel mondo meccanico, guadagna bene e lavora in condizioni ottimali. Il salto culturale resta lo step necessario per ridare linfa alle nostre imprese. Solo riavvicinando i giovani alle imprese anche le griffe troverebbero collaboratori, operai e professionisti capaci, pronti a crescere e non dovrebbe prelevare figure con vent’anni di esperienza che garantiscono le produzioni in piccole realtà".

Le griffe dell’alta moda puntano molto sulla formazione? "Quello che le ‘firme’ possono fare è diventare il volano per lo sviluppo della formazione all’interno del distretto. Aiuterebbero anche a dare quella nuova immagine necessaria al settore. Insieme possiamo riuscirci, serve un patto per il futuro del settore calzaturiero". È possibile secondo lei un’alleanza tra le imprese esistenti e quelle dell’alta moda che hanno deciso di produrre nel fermano? "Per fare delle griffe che hanno scelto il nostro territorio una risorsa è quello di potenziare la rete tra piccole imprese e la grande. Contratti di filiera, collaborazioni, agevolazioni, in modo che sia l’intera azienda a lavorare e non solo il singolo dipendente che cambia grembiule. In realtà, i brand che sono sul territorio già hanno un gruppo di terzisti consolidato, noi vorremmo far crescere la rete e dare al sistema una organizzazione tale che renda il distretto un polo produttivo sia per chi vuole stare sul mercato con il proprio nome, sia per i brand principali della moda".

Vittorio Bellagamba