Franchellucci ai confini del mondo "Noi sopravvissuti in Antartide"

Ripercorsa la via dall’esploratore inglese Ernest Shackleton che nel 1916 ha attraversato tutta l’isola "E’ stata una spedizione estrema. Abbiamo lottato contro la tormenta più grande mai registrata sulla terra"

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FERMO

E’ tornato da qualche giorno, sano e salvo, e con la faccia di chi sa di aver fatto un’impresa destinata ad entrare nella storia. Un’impresa di quelle che vengono raccontate nei film, un’avventura d’altri tempi che è stata compiuta dal Riccardo Franchellucci. Il giovane fermano, insieme ad un gruppo di esploratori che fanno parte del gota dell’alpinismo internazionale, è stato infatti protagonista di una spedizione in uno dei luoghi più remoti e difficili da raggiungere del pianeta: l’isola antartica della Georgia del Sud. Ed è stato lì che si è trovato ad affrontare la tormenta più grande mai registrata sulla terra.

Franchellucci come è nata l’idea di compiere questa impresa al limite delle possibilità umane?

"Un po’ per caso. Il 14 luglio scorso mi è arrivato un messaggio di Alex Txikon, famoso per essere stato il primo a scala a scalare il Nanga Parbat insieme a Simone Moro, che mi invitava come fotografo ufficiale a partecipare alla sua spedizione. In pochi attimi, nonostante si trattasse di un’impresa molto rischiosa, ho deciso che dovevo andare. Gli altri del gruppo erano Juan Diego Amador, alpinista che ha scalato l’Everest e le 7 vette più alte dei sette continenti della terra, Ignacio De Zuloaga alpinista che da anni accompagna Txikon, Domigo Expòsito, Juan Manuel Sotillos giornalista e instancabile viaggiatore, e Rafael Vazquez medico della spedizione. La partenza è stata fissata per il 29 settembre da Madrid e con quattro scali: Lima, Santiago del Cile, Punta Arenas e le Falkland. Da lì ci siamo imbarcati su una barca a vela di 18 metri, per solcare uno dei tratti oceanici più pericolosi ed insidiosi del pianeta, fino a raggiungere King Haakong Bay da dove è iniziata la nostra avventura nell’Antartide".

Ogni spedizione del genere ha uno scopo, un obiettivo: il vostro qual è stato?

"Ripercorrere la via tracciata dall’esploratore inglese Ernest Shackleton che nel 1916 ha attraversato tutta l’isola nel disperato tentativo di trovare la salvezza dopo che la sua nave, Endurance, partita nel 1914 per esplorare l’Antartide, era affondata schiacciata dai ghiacci".

Quindi è stata una spedizione estrema. Ci può raccontare come è andata?

"Una volta imbarcati, la navigazione è durata sei giorni. Il mare grosso ci ha impedito di entrare a ovest dell’isola e abbiamo dovuto circumnavigarla prima di riuscire finalmente a sbarcare. Il meteo non è stato dei migliori e, iniziata la spedizione sulla terra ferma, dopo due ore Rafael, il medico, ha deciso di abbandonare e fare retro front verso la barca. I primi due giorni si sono susseguiti tra pioggia, neve e qualche spiraglio di sole. Il terzo giorno si è scatenato l’inferno e una delle due tende non ha retto alle raffiche di vento. Quando è sceso il buio abbiamo deciso di scavare un buco nella neve per passare la notte. Ci siamo ritrovati così bloccati tra la tormenta senza poterci muovere per due interminabili giorni". Avete chiesto aiuto?

"In qualsiasi altra parte del mondo avremmo atteso i soccorsi al riparo nel buco scavato nella neve, ma nella Georgia del sud non esistono squadre di soccorso, non esiste elisoccorso, si entra in questo inferno di ghiaccio con le proprie gambe e si deve uscire con le proprie gambe. Dopo una breve tregua, abbiamo provato a ripartire, ma dopo appena 500 metri, ci siamo trovati in balia della tempesta senza nessun riparo".

Immaginiamo siano stati momenti terribili: come ne siete venuti fuori?

"Io peso 75 chili con uno zaino da venti, sono stato sollevato da terra e sbalzato a 3 metri di distanza, le slitte si sono alzate in aria come aquiloni e ci hanno trascinato verso il fondo del ghiacciaio. Eravamo allo stremo delle forze. Ad un certo punto ho sentito che il corpo lentamente mi stava abbandonando, era un principio di congelamento".

Ma non avete mollato...

"Con uno sforzo sovrumano siamo riusciti ad avanzare fino al riparo di un piccolo sperone di roccia. La barca ci ha avvisato via satellitare che avremmo avuto una tregua, ma che la tormenta sarebbe tornata più forte di prima. In quelle condizioni proibitive abbiamo camminato a ritmo forzato fino alle 7 di sera, per poi calarci da parete una parete innevata di una piccola vetta sopra la baia. Alle 5 del mattino siamo riusciti a tornare sulla nostra barca. Solo una volta tornati a casa abbiamo scoperto che siamo sopravvissuti alla tormenta più grande mai registrata sulla terra, con venti fino a 200 kmh". Un’ avventura, fortunatamente, con lieto fine che potrete rivivere giorno per giorno con foto e video sulla pagina Instagram di Riccardo Franchellucci.

Fabio Castori