Giro di fatture false, una società nel mirino

Gli accertamenti della Finanza di Cesena su tre cinesi e il mondo delle calzature sono arrivati fino a Sant’Elpidio a Mare

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Sono arrivati fino a Sant’Elpidio a Mare, gli accertamenti dei finanziari della Tenenza di Cesenatico condotti nell’ambito delle indagini su una frode fiscale effettuata nel 2018, da una ditta individuale di Savignano sul Rubicone, gestita da tre soggetti cinesi e operante nel distretto calzaturiero del Rubicone. Il trait d’union tra Cesenatico e Sant’Elpidio a Mare è stata la presenza di cittadini cinese che, anni addietro, avevano avviato un cospicuo numero di attività manifatturiere anche nella cittadina del fermano. Tuttavia, si tratta di aziende che, stando a quanto specificano dalla Tenenza romagnola, "erano inesistenti nel senso che o non operavano più già da qualche anno, oppure erano delle Partite Iva intestate a connazionali dei tre indagati e relative ad immobili in cui si fa tutt’altro".

Tant’è vero che le fatture false potrebbero essere state autoprodotte dai cinesi sui quali stavano indagando. I fatti: la verifica fiscale risale al 2008, quando la GdF rileva l’uso di fatture per operazioni inesistenti per un imponibile complessivo di oltre 1,2 milioni di euro e per oltre 320mila euro di Iva: "Il titolare dell’impresa e i due coniugi contitolari, avevano elaborato un sistema di frode, utilizzandola per acquisire lavori di assemblaggio di calzature per rilevanti importi, a prezzi concorrenziali sul mercato, sfruttando il fatto che non venivano versate le imposte. Queste venivano annotate in contabilità fatture per operazioni inesistenti, risultate emesse da altre imprese, sempre riconducibili a titolari orientali".

Per neutralizzare gli utili si ricorreva a una documentazione ‘emessa’ da tre società, facenti capo a titolari irreperibili e con sedi inesistenti: una a Sant’Elpidio a Mare, le altre a Firenze e Gambettola. Per i tre cinesi erano scattata la denuncia, era stato recuperato il provento della frode grazie a un decreto di sequestro preventivo fino ad oltre 320mila euro (pari all’Iva evasa), ed erano state sequestrate due unità immobiliari per un valore di 253mila euro, una Bmw 530XD e i saldi attivi giacenti sui conti per altri 17mila euro. Nei giorni scorsi, la vicenda si è conclusa con la sentenza della Corte di Appello di Bologna che ha confermato in toto il pronunciamento del Tribunale di Forlì, delegando la Tenenza a eseguire la confisca di quanto già sottoposto a sequestro, per oltre 271mila euro, "beni che sono stati espropriati, rientrando nella disponibilità dello Stato".

Marisa Colibazzi