"Il papà rivuole sua figlia, falle nel sistema"

L’avvocatessa Francesca Palma torna sul caso di Ali Krasniqi, scagionato dall’inchiesta, che sta lottando per poter riavere la figia Chiara

Migration

Sono passati più di due anni da quando Pavlina Mitkova, 38enne di origini bulgare, ha ucciso Jennifer, la figlioletta di 6 anni, soffocandola con un pelouche nella sua casa di Servigliano. Inizialmente gli investigatori non avevano escluso alcuna pista e, ipotizzando un presunto coinvolgimento del padre Ali Krasniqi, ex ufficiale dell’esercito kosovaro, avevano disposto il trasferimento di Chiara, la sorellina più piccola, in una casa protetta. Dopo qualche mese il papà è stato scagionato dai filmati delle telecamere, che hanno dimostrato come nel lasso di tempo in cui è stato consumato il delitto, lui non fosse in casa. Ora Krasniqi rivuole sua figlia, ma il tribunale minorile e l’assistente sociale temporeggiano senza spiegare ufficialmente il perché. Verbalmente il papà di Chiara si è sentito dire che si tratta di una questione burocratica: il giudice sostiene di essere in attesa della relazione dell’assistente sociale e quest’ultima afferma il contrario, ovvero di non aver ricevuto i documenti del magistrato. A tal proposito abbiamo intervistato l’avvocatessa Francesca Palma, delegato dell’Organismo congressuale forense del Distretto delle Marche e presidente dell’Unione Forense delle Marche.

Avvocato Palma che idea si è fatta di questo caso?

"Non conosco, documenti alla mano, il caso nello specifico, ma posso dire che in generale sono questioni che non dipendono spesso da una sola causa. L’obiettivo degli addetti ai lavori è di salvaguardare gli interessi del minore sotto tutti i punti di vista. Per poter giudicare il caso in concreto avrei bisogno di maggiori elementi. Sicuramente quello che posso affermare è che i tempi delle procedure del tribunale dei minori non sono brevi a causa della carenza di personale, carenze di strutture, carenze di welfare della famiglia".

Quindi questo problema strutturale e di organigramma potrebbe aver ritardato anche la restituzione dei poteri genitoriali a Krasniqi?

"Potrebbe essere, anche se, ripeto, dovremmo avere le carte della vicenda in mano per dare un giudizio più attinente. Resta il fatto che c’è una carenza di magistrati, di assistenti sociali e di strutture idonee ad accogliere i minori e i genitori ai quali devono essere affidati. Non a caso questo è uno dei temi oggetto della riforma della procedura civile in corso ed in particolare il cambiamento dell’organizzazione del giudice della famiglia, quindi del tribunale dei minori"

Krasniqi sostiene che da mesi gli sia stata promessa la restituzione della figlioletta, ma il tempo passa e la bambina si trova ancora in una struttura protetta. Sempre Krasniqi afferma che giudice e assistente sociale stiano facendo una sorta di ping pong. Cosa succede in questi casi e certi corto circuiti da cosa dipendono?

"Se così fosse, si tratterebbe di un caso, tra virgolette, patologico perché si stanno creando delle difficoltà che non devono esistere. Sicuramente, come ho già detto, c’è un difetto di personale che crea un ritardo diffuso ed allargato a molti altri casi. Pertanto credo che non si possano attribuire colpe all’uno o all’altro soggetto, bensì all’organizzazione del sistema. L’Organismo congressuale forense, che io rappresento, più volte in materia della riforma del diritto di famiglia è intervenuta, chiedendo che venissero adottati dei provvedimenti di riorganizzazione. Poi nel singolo caso e nello specifico quello del signor Krasniqi, se fosse così come sembra, il corto circuito va assolutamente interrotto e la bambina va restituita al padre al più presto".

Cosa può fare il papà per accelerare i tempi?

"Può fare delle istanze, deve formalizzare le sue richieste. Se l’unico motivo per cui non gli viene restituita la figlioletta è perché nei primi mesi delle indagini era finito nel mirino degli inquirenti, ora che è stato definitivamente scagionato, non c’è più ragione di tenere la bambina in una struttura protetta. Una volta appurato che ci siano delle strutture familiari idonee per il benessere della piccola, il papà deve e riacquistare la patria potestà prima possibile, altrimenti si rischia di creare ulteriori danni psicologici ad entrambi".

Fabio Castori