"Il Pos obbligatorio? Noi ci adeguiamo Ma le commissioni devono essere tolte"

Il viaggio tra i commercianti dopo che accettare i pagamenti elettronici è diventato obbligatorio: "Qui all’Eni ne abbiamo otto"

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di Angelica Malvatani

Alla fine ci si adatta a tutto, i commercianti lo sanno che si devono fare i salti mortali per portare avanti un negozio. Ad andare dietro alle indicazioni che arrivano dall’alto, dal governo per intenderci, non si fa altro che cambiare il registratore di cassa, mettere il Pos per i pagamenti elettronici, prevedere misure di sicurezza quando occorre, igienizzare, aprire, chiudere, saltare le ferie e qualche volta pure i pasti. È una vita difficile e vale più o meno per tutti i generi di merce e per tutti i tipi di negozianti, da due giorni alle prese con l’obbligo che è scattato di accettare i pagamenti elettronici, anche per cifre piccolissime.

È più la spesa che l’impresa per un’attività come il forno di viale Trento, da poco si è investito per una nuova sede, si sta trovando il giusto passo e i pagamenti elettronici da queste parti sono accettati ma di certo con grandi sacrifici. Quello che raccontano ne è la testimonianza diretta. "Da noi – spiega Fabiola Liberini – si compra il pane, al massimo un dolcetto, difficile superare le dieci euro. Se i costi delle transizioni elettroniche restano quelli che sono a noi non conviene nemmeno lavorare. Dubito che i nostri clienti approfitteranno di questa possibilità, abbiamo tanti anziani che nemmeno sanno come si usano le carte di credito. Ogni volta si cerca qualcosa per complicare la vita a noi lavoratori che già di sacrifici ne facciamo in abbondanza".

Lucilla Zara, del negozio di abbigliamento ’Bentley’, commenta: "Noi i pagamenti elettronici li facciamo da sempre, ma certo se qualcuno vuole pagare in contanti non è che lo mando via... E sono d’accordo sul fatto che comunque la vedi è sempre un impegno in più per noi commercianti. Mai una volta che si vada verso la semplificazione di procedure e situazioni. E poi si lamentano che abbassiamo le serrande e ci arrendiamo".

Ivana Mercuri è commerciante storica, il Pos in tabaccheria lo ha messo pure, ma non lo sa usare proprio benissimo. "Ho una collaboratrice – spiega – che mi aiuta ma non è questo il problema. Per le piccole transizioni è impossibile pensare di pagare con le carte di credito o il bancomat. Che facessero allora come si fa in tanti posti in Europa, si tolgano del tutto le commissioni e paghiamo tutti con le carte, togliamo definitivamente i contanti. Non deve esserci un rincaro per noi, però, altrimenti non serve niente e finisce per penalizzare chi cerca di lavorare".

Nel pieno rispetto della legge che impone di accettare i pagamenti tramite Pos, da ieri, pena sanzioni, ognuno si organizza come meglio può. Al distributore Eni gestito da Francesco Rogante, per esempio, i Pos sono addirittura otto, uno per ogni servizio erogato. "Ce lo impone proprio l’azienda e da un bel po’ di tempo – sottolinea –. Il problema si presenta sulle transizioni per piccolissime cifre, quelle su cui già il nostro margine di guadagno è ridottissimo, le sigarette ad esempio o le paste. Ecco allora che speriamo nel buon senso dei clienti, che non ci chiedano di pagare con la carta per cifre esigue, ma anche che chi può decida di togliere le commissioni sulle nostre transizioni, almeno per pagamenti fino a dieci euro altrimenti davvero è tutta una rimessa".