
Si sono riuniti, per la prima volta, in centinaia nella palestra comunale di Cascinare, coprendo il pavimento con i tappeti, addobbando lo spazio con palloncini e colori, gli indiani della religione induista e per la prima volta hanno potuto adorare, tutti insieme, la loro Madre Divina, Devi, nella festa della Navaratri di primavera, ‘delle 9 notti’. "E’ una ricorrenza che corrisponde alla quaresima della religione cattolica – spiegano alcuni indiani –, che ogni anno cade in un periodo diverso, in base alle fasi lunari. Quest’anno, è particolare perché coincide con la fine della quaresima cristiana (l’hanno celebrata nella domenica delle Palme, ndr) e con l’inizio del Ramadan".
Sono centinaia gli indiani residenti a Sant’Elpidio a Mare, ma molti sono arrivati anche dalle località limitrofe e dal maceratese, apprezzando questa occasione di incontro. "Di solito, ognuno prega a casa sua, perché non abbiamo un nostro tempio, ma stavolta ci siamo messi in collegamento per ritrovarci qui, tutti insieme" raccontano. Sull’altare in cui campeggia la Dea Madre, in mezzo a vassoi di frutta secca e fresca (la prima viene distribuita da un adulto al momento dell’adorazione; l’altra al termine della festa, dalle bambine), c’è un vassoio in cui vengono lasciate le offerte: "Ognuno lascia un’offerta, secondo quello che può, davanti alla Madre Divina. Sono soldi che stiamo raccogliendo per costruire un tempio induista. Non sappiamo ancora dove, ma pensiamo tra fermano e maceratese e a quel punto dovremo nominare un pujari (sacerdote)". Il Comune ha subito accolto la richiesta degli indiani di utilizzare la palestra per la festa induista. "La nostra è una comunità aggregante – dice il vicesindaco Roberto Greci, accolto con tutti gli onori –, ci sono persone che risiedono qui da tantissimi anni. Si sono sempre comportati molto bene. Vogliamo vivere in pace e ci fa piacere condividere questi momenti di sincera amicizia e accoglienza".
Un pensiero gli induisti l’hanno riservato anche al piccolo Jaghunar Singh (il bimbo tragicamente morto a Casette d’Ete, di religione sikh) e poi sono proseguiti i canti e le preghiere: "Per il pranzo, ci sediamo a terra, senza rispettare divisioni tra uomini e donne e qui tutti prendono le stesse cose. Chi è ricco lo è a casa sua, qui siamo uguali". Gli uomini hanno tutti in lavoro regolare. Molti i giovani: "Non vogliamo che dimentichino le nostre tradizioni. I nostri figli vanno a scuola qui. Abbiamo dato l’assenso a frequentare l’ora di religione, anche se non è la nostra perché è un momento di conoscenza. Se, invece, si resta fuori dalla porta, è lì che nasce la diversità, il sentirsi ed essere visto diverso. Non è così che si fa integrazione. Vogliamo conoscere e che gli altri ci conoscano".
Marisa Colibazzi