"La mia Olimpiade da sogno a incubo, ma è la vita che decide"

Carlo Macchini, giovane ginnasta di successo, racconta la delusione alle Olimpiadi e la ricerca di significato oltre la competizione.

"La mia Olimpiade da sogno a incubo, ma è la vita che decide"

L’essere fermani non è l’unica peculiarità che li accomuna: i ginnasti Carlo Macchini e Mario Macchiati sono tenaci, hanno una grande passione e si allenano con abnegazione. Rispettivamente 28 e 24 anni; sin dalla tenera età, allenati da Luigi Peroli dell’associazione Fermo’85; affidati poi alle mani di Marco Fortuna, oggi, Carlo Macchini e Mario Macchiati sono in forza alle Fiamme Oro della Polizia di Stato. Hanno rappresentato l’Italia alle ultime Olimpiadi di Parigi insieme agli azzurri Yumin Abbadini, Lorenzo Minh Casali, Nicola Bartolini e raccontano la loro esperienza. Senza dimenticare la tennista Elisabetta Cocciaretto a completare. il tridente fermano che poteva essere un splendido poker: infatti Luca Marziali. a Parigi non ci. è andato perché lo sport è fatto di scelte, anche difficili, ma lui era stato un protagonista della. nazionale di pallanuoto negli ultimi tre anni che ha vinto tante medaglie e si era meritata. la qualificazione nella manifestazione a 5 cerchi.

Classe ’96, Carlo ‘Bistecca’ Macchini è stato vice campione europeo alla sbarra nel 2023; oro in Coppa del Mondo al Cairo nel 2022 e nei campionati italiani assoluti nel 2020 e ’21. Le Olimpiadi francesi sono un brutto ricordo: per lui, crampi e cadute alla sbarra e cavallo con maniglie.

Macchini, prima domanda scontata, ma di rito: come stai?

"In questo momento seduto in treno per andare alla festa a sorpresa per Igor Cassina, in occasione della medaglia d’oro conquistata 20 anni fa in questo giorno (23 agosto, ndr): sarebbe stato bello festeggiare anche la mia. Sto bene: il calore e l’abbraccio di tante persone, anche sconosciute, mi hanno dato una grossa mano. Sto ancora cercando di elaborare l’accaduto viaggiando, mangiando tutto ciò che non ho potuto negli ultimi anni, andando in moto e giocando a beach volley".

Cosa pensi sia successo?

"E’ quello che mi sono chiesto più volte: la cosa più difficile da spiegare perché ogni risposta che mi sono dato non ha avuto senso. Ero in ‘formissima’, sereno e determinato; risultati alla mano, avevo fatto una preparazione impeccabile; mi ero inventato pure i dettagli pur di essere all’altezza: sono arrivato lì e ho fatto la peggior prestazione di sempre".

Oltre la lettura tecnica?

"Ho aggiunto l’analisi fatta con i miei genitori Francesco, Serenella e mio fratello Leonardo: gara e, in particolare, il perido post gara ci ha uniti molto e dunque, fosse solo per questo, ne è valsa la pena".

C’è di più?

"Ho pensato che a livello agonistico, probabilmente, non raccoglierò tanto quanto l’impegno che metto, ma se, nonostante questo, riesco a trasmettere un messaggio positivo ed essere d’esempio per qualche giovane, devo accettare la sconfitta".

Nella valigia, cosa hai messo da portare a casa da Parigi?

"L’abbraccio con l’allenatore Marco Fortuna. Credo si sia letto il mio labiale al termine dell’esercizio: ero amareggiato e desolato, ma in due secondi ho sentito tutto ciò di cui avevo bisogno in quel momento. Ripeto: forse non sono destinato a entrare nel ‘wall of fame, ma nel cuore delle persone. L’Olimpiade è il sogno di una vita: il mio è diventato un incubo. (fa una pausa e con la voce rotta dall’emozione ricomincia, ndr). A volte è la vita che decide come deve andare; a volte ‘lei’ fa brutti scherzi, ma io continuo a volerle bene".

Gaia Capponi