Adolescenti che trasgrediscono, che abusano di alcol per ‘automedicarsi’. La situazione è complessa e va analizzata con cura, come spiega la psicologa Cristina Marinelli che sta pensando ad un momento di riflessione sugli adolescenti in crisi: "Stiamo parlando anche di preadolescenti perché a 13 anni questo sono, dunque l’argomento è molto complesso. Nel preadolescente, le strutture profonde che lo spingono verso l’esplorazione delle novità, la sperimentazione del piacere e l’assunzione dei rischi attraverso un funzionamento impulsivo si sviluppano prima rispetto a quelle più riflessive ed evolutive che sono invece deputate alla regolazione delle emozioni, alla valutazione e al controllo inibitorio del comportamento che si sviluppano in ritardo. Conosciamo anche che l’alcol agisce sui meccanismi generali di ricompensa, generando sempre sensazioni di piacere che poi lo inducono a sperimentare fino all’assuefazione e alla dipendenza". La psicologa spiega che i ragazzi si stordiscono perché l’alcol diventa strumento attraverso cui anestetizzano le difficoltà, l’autoregolazione emotiva, l’insicurezza, il controllo, tutte situazioni che fanno parte di apprendimenti e piani di educazione che hanno poi coinvolto e condizionato l’adolescente verso la costruzione di un sé che non è ancora strutturato, positivo o capace di raggiungere le autonomie fondamentali per tappe evolutive: "Bere diventa una strategia di automedicazione messa in atto nel tentativo di celare e attenuare una risposta soggettiva di insicurezza e ansia di fronte a sfide evolutive, relazionali, prestazionali e sociali, abusare di alcol contribuisce a dare origine a condotte sempre più impulsive e autolesive, andando verso altre manifestazioni di disagio psichico. Sul piano sociale ed educativo, bisogna mettere in conto che i ragazzi sentono la consapevolezza di non avere punti di riferimento e guide che li aiutino a confrontarsi con un focus interno, con un sentire e emozioni che portano alla strutturazione di un pensiero di se stessi che sia adeguato, si orientano verso punti di riferimento illusori come l’alcol o relazioni a rischio devianza. Non c’è un contesto di adulti, educatori, famigliari, insegnanti in grado di accompagnare i ragazzi verso una conoscenza di loro stessi e questo li porta ad andare all’esterno o in un isolamento cercando un’immagine che non ha riscontro nella realtà". Disagio che si può accompagnare e che si può intercettare: "Bisogna proporre modelli di intervento multidiscipinari, tenendo presenti i bisogni del ragazzo di appartenere ad un gruppo di pari nel cui contesto si sperimentano, servono gruppi di adolescenti, informazioni sulle conseguenze del consumo finalizzate a generare consapevolezza. Il focus per noi terapisti è l’apprendimento di una gestione emotiva più adeguata, per arrivare al controllo degli impulsi e alla riduzione del disagio relazionale che caratterizza la possibilità di azioni che non hanno il controllo ma servono a buttare fuori emozioni che dentro i nostri figli non riescono a gestire".
Angelica Malvatani