MARIO BOVENZI
Cronaca

L’ambulatorio senza barriere: "Dai clochard ai rifugiati, le nostre porte sempre aperte"

Viaggio nella struttura della Caritas dove opera uno staff di 15 medici, tutti volontari. L’ex primario: "Ero in pensione, ho risposto alla chiamata di un collega. Eccomi qui".

Alberto Pulga, 73 anni. , con l’assistente Kone Bakary, 32 anni, nell’ambulatorio della Caritas

Alberto Pulga, 73 anni. , con l’assistente Kone Bakary, 32 anni, nell’ambulatorio della Caritas

Lo stetoscopio al collo, il camice azzurro. Si alza, un bel sorriso, saluta il paziente che – "grazie dottore" –, se ne va. Alberto Pulga, 73 anni, è stato per una vita primario nell’ospedale del Delta, a Lagosanto. I capelli bianchi, l’esperienza un tratto del volto, era ormai in pensione quando ha risposto alla chiamata di un collega. "Carlo Zanotti, per anni resposabile del 118 a Lagosanto, mi chiese ’Perché non vieni anche tu?’ Eccomi qui". Pulga, Zanotti, tanti nomi, camici bianchi che non dimenticano un giuramento, quello di Ippocrate, che fecero poco più che ragazzi. Sono nel drappello formato da 15 medici volontari che visitano, fanno ricette, sui battiti del cuore dei pazienti ed anche un po’ del loro, nell’ambulatorio Caritas, struttura convenzionata con l’azienda Usl.

Spiega il senso di una missione Paolo Falaguasta, direttore della Caritas: "Nasce nel 2015 come attività di supporto all’accoglienza di donne e minori, soprattutto in ambito ginecologico e pediatrico. Istituito per iniziativa di un gruppo di medici volontari, è un punto di riferimento per le persone in difficoltà che non sono iscritte al sistema sanitario nazionale o, pur essendo iscritte, hanno difficoltà a rapportarsi alle strutture sanitarie del territorio per motivi di natura economica, sociale e culturale". L’ambulatorio degli ultimi, dei clochard, di chi vive lungo una strada, fantasmi anche per la sanità.

Via Brasavola 19, Ferrara. Il cartello si vede appena, attaccato ad un muro, c’è una croce. Si legge ambulatorio, E’ nel cortile dove si affaccia anche la mensa per i poveri. Un’operatrice della Caritas – sono le 11 del mattino, piove a tratti – fa la spola da un furgone ai tavoli con un cestone di plastica, dentro c’è il pane che verrà servito a tavola. Oltre la porta, schermata, un corridoio. A sinistra l’ambulatorio, a destra un ufficio, con computer e telefono. Kone Bakary, 32 anni, le treccine legate dietro la testa, è al telefono. Spiega dove si trova l’ambulatorio, come fare ad arrivarci. E’ gentile, è un po’ lui che tiene l’agenda dei medici. E’ arrivato sette anni fa a Ferrara, prima tappa nel suo viaggio per l’Italia il Veneto, Stienta, paesetto sotto l’argine del Grande Fiume. Adesso è lì. "Mi piace questo lavoro, aiuto, sono contento", mette giù la cornetta e si segna il nome di chi ha chiamato, prende appuntamento.

Dal corridoio arriva la voce di Alberto Pulga, sta visitando. Primario nel Delta dal 1978 al 2015, quando è arrivato il momento di andare in pensione non è riuscito a piegare in un cassetto il camice, seconda pelle, una vita. "Qui c’è molto lavoro, ci alterniamo. Siamo un bel gruppo di medici, colleghi che come me operano volontariamente. Abbiamo risposto presente anche quando c’era il Covid". In un città avvolta da un deserto di paura, loro la paura non ce l’hanno avuta mai. Oltre a quella porta a vetri ci sono ambulatori di medicina generale, pediatria, un ambulatorio ginecologico, ecografico, neurologico. Nel corso del 2024 firmata una collaborazione con il servizio psicologico Sipem (Società italiana di psicologia dell’emergenza).

Nel 2023 oltre 2400 persone hanno varcato quella porta, erano 1300 nel 2016. All’ambulatorio di medicina generale si sono rivolti nel 2023 oltre 200 richiedenti asilo e 1163 stranieri in difficoltà. Sono state 55 le visite alle donne che stavano aspettando un bambino. "L’azione della Caritas – spiega ancora il direttore – si ispira ai principi della gratuità e della prossimità attraverso l’impegno diretto dei volontari e delle volontarie nella relazione di aiuto con i poveri e gli emarginati. L’attenzione agli ultimi si concretizza in una testimonianza di carità il cui valore viene offerto a tutta la comunità". Alberto Pulga torna alla scrivania, una paziente si siede davanti a lui. "Signora mi dica, come si sente?". Firma la ricetta, dosi di medicine e affetto. Più volte al giorno.