Fermo, caso Mithun. La Procura non cambia idea, è suicidio

Nuova richiesta di archiviazione. I difensori della famiglia si oppongono

FOTO BIS_WEB

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Fermo, 13 maggio 2018 - Nonostante le ulteriori indagini disposte dal gip del tribunale di Fermo, a distanza di quasi due anni dal misterioso decesso, la Procura resta ferma nella sua decisione: Mithun Rossetti si è suicidato. Il sostituto procuratore Alessandro Piscitelli ha, infatti, chiesto nuovamente l’archiviazione del fascicolo sulla morte dello studente universitario di Treia, trovato impiccato il 7 agosto 2016 in una villa di Porto Sant’Elpidio.

Il legali della famiglia Rossetti, gli avvocati Federico Valori e Rossano Romagnoli, non ci stanno e hanno presentato un’immediata opposizione alla richiesta del pm, per la quale si terrà l’udienza davanti al giudice per le indagini preliminari il prossimo 21 maggio. E’ in quella data che si deciderà se il caso sarà definitivamente chiuso o no.

«Archiviare il fascicolo – spiega l’avvocato Valori – vorrebbe dire chiudere gli occhi su molti nodi ancora da chiarire. Abbiamo provato con le nostre consulenze tecniche che il telefono del ragazzo è stato sicuramente manomesso da qualcuno dopo il 14 agosto del 2016, quando Mithun era già morto da più di una settimana. Il cellulare è stato ritrovato sul bordo della strada a un mese di distanza dal decesso, insieme al portafogli e al tabacco che utilizzava il ragazzo per fare le sue sigarette. Tutto il materiale era perfettamente conservato, ma nei giorni precedenti, come conferma il sito dell’aeronautica militare, c’erano stati violenti acquazzoni. Pertanto, se quegli oggetti fossero stati sempre all’aperto, avrebbero dovuto avere i segni delle intemperie. Ebbene il dato fattuale dell’inequivocabile cancellazione dei messaggi in epoca successiva al 14 agosto 2016, dimostra altrettanto inequivocabilmente che il cellulare, il portafogli e il tabacco furono riposti, in epoca anch’essa successiva a quella data, da una persona evidentemente implicata con i tragici fatti. Ciò pone una pietra tombale sull’idea preconcetta che il povero Mithun si sia suicidato e che quel mattino fosse solo».

L’avvocato Valori sottolinea anche le tante incongruenze della testimonianza dell’anziano, che per ultimo avrebbe visto Mithun vivo: «Quell’uomo dice che il ragazzo si sarebbe spogliato e avrebbe percorso la strada seminudo, ma nessun altro l’ha notato. Per non parlare delle tante altre contraddizioni sul ritrovamento delle mutande da parte dei familiari dell’anziano. Sempre quell’uomo, dopo aver cambiato la prima versione dei fatti fornita agli inquirenti, ha affermato che Mithun era scalzo ed ha restituito le scarpe del ragazzo che avrebbe trovato nelle vicinanze della sua abitazione. Ma sui piedi di Mithun, durante l’autopsia, non sono stati riscontrati i segni di un eventuale camminamento a piedi nudi. I familiari dell’anziano hanno affermato di aver incontrato la mamma del ragazzo a metà mattina di quel maledetto 7 agosto 2016 e di averle fornito informazioni sugli indumenti, ma lei e suo marito erano a Civitanova Marche, come possono testimoniare diverse persone. Quindi, quella famiglia forse nasconde qualcosa».

Dunque, sono tante le domande a cui gli inquirenti sono chiamati a dare una risposta. Chi ha avuto la materiale disponibilità del cellulare dopo la morte di Mithun? Chi ha cancellato i messaggi dal telefonino? La famiglia che vive poco distante dal luogo del ritrovamento del cadavere mente? Nel caso fosse così, perché?