Omicidio Roberto Tizi, in quattro a processo

Sotto accusa Arjan Ziu, suo fratello e due giovani nipoti

Roberto Tizi, 35 anni, ucciso sotto casa

Roberto Tizi, 35 anni, ucciso sotto casa

Fermo, 2 dicembre 2015 - Lo avevano atteso sotto casa e poi uno di loro aveva esploso due colpi di pistola, mentre gli altri lo avevano massacrato di botte. Era stata una vera e propria esecuzione quella nei confronti del petritolese di 35 anni, Roberto Tizi. Per questo motivo l’albanese Arjan Ziu, 49 anni, reo confesso, il fratello, Michele Ziu (52 anni) e i due figli di quest’ultimo, Rudy (25 anni) e Antonio (18 anni), sono comparsi ieri davanti al giudice per le udienze preliminari con le accuse di concorso in omicidio volontario aggravato dai futili motivi, lesioni volontarie aggravate nei confronti della convivente di Tizi, porto e detenzione illegale di arma da fuoco.

I QUATTRO hanno chiesto di essere processati con il rito abbreviato, che prevede lo sconto di un terzo della pena. Per il più giovane di loro è stato disposto l’abbreviato condizionato all’audizione di due testimoni. Il giudice ha già fissato le date dei processi per il 27 e il 28 gennaio.

Tre le parti civili che si sono già costituite: la madre della vittima, il padre e la compagna, assistiti rispettivamente dagli avvocati Renzo Interlenghi, Chiara Cardarelli e Massimo Di Bonaventura.

Il giovane petritolese, era stato freddato il 7 giugno scorso sotto la sua abitazione di Martinsicuro. Il procuratore di Teramo, Antonio Guerriero, che ha coordinato le indagini, aveva parlato di un’esecuzione con cui Arjan aveva voluto vendicare, con l’aiuto della famiglia, l’oltraggio di essere stato deriso e picchiato davanti ai clienti di un bar. Arjan Ziu, secondo il procuratore, avrebbe vendicato l’oltraggio subito da Tizi con l’aiuto dei tre familiari accusati di concorso in omicidio.

LA VITTIMA, agonizzante, sarebbe caduta fuori dell’abitacolo dell’auto e qui sarebbe stata preso a calci dai suoi presunti assassini. L’autopsia aveva rilevato contusioni sul corpo, ma non riconducibili con certezza al presunto pestaggio dopo l’agguato mortale o al litigio precedente nel bar.

La convivente della vittima, era invece stata ferita ad una gamba da un colpo di striscio durante l’agguato. La Procura di Teramo, dopo l’esame medico legale, aveva però contestato ai quattro solo le lesioni volontarie e non il tentato omicidio.