Pronto soccorso allo stremo "Ieri ho dimesso 94 pazienti Ma 80 non dovevano essere qui"

Il primario Antonio Ciucani spiega: "La stragrande maggioranza sono codici verdi. Io ho quattro medici in organico, ne dovrei avere diciotto. Davvero è sempre più dura".

Pronto soccorso allo stremo  "Ieri ho dimesso 94 pazienti  Ma 80 non dovevano essere qui"

Pronto soccorso allo stremo "Ieri ho dimesso 94 pazienti Ma 80 non dovevano essere qui"

Per chi viene da fuori, la vita di un pronto soccorso è qualcosa di frenetico, di intenso e, in certi momenti, rapidissimo. Ieri mattina in 25 minuti sono stati accolti, visitati e fatti ripartire tre pazienti in condizioni serie, due con ictus verso Ancona, per la neurochirurgia, anche con l’intervento dell’elicottero, uno con infarto verso Macerata per l’emodinamica. Sono i codici rossi di una mattinata vissuta come al solito, una sessantina le persone in sala d’attesa, almeno 50 di loro con codice verde, quello di minor gravità, il telefono che squilla di continuo, i sanitari, pochi rispetto alla pianta organica prevista, che fanno i salti mortali. Per questo il primario facente funzioni del Pronto soccorso, Antonio Ciucani, non ci sta a sentir dire, anche da figure istituzioni che dovrebbero essere super partes, che qui ci sono solo disservizi: "Ho quattro medici in organico, ne dovrei avere 18, ho una ventina di medici delle cooperative che ci aiutano a coprire i turni, abbiamo messo in piedi un sistema organizzativo per cercare di vivere al meglio le nostre giornate ma davvero è sempre più dura. Ieri abbiamo dimesso 94 persone, quattro o cinque in codice rosso, qualche codice arancione ma il resto è davvero qualcosa che andrebbe gestito sul territorio e di cui ci occupiamo comunque noi". Ciucani ha avviato anche una piccola rivoluzione che permette di far entrare nelle sale del pronto soccorso solo il paziente quando è cosciente e in grado a badare a se stesso, per i familiari ci sono aggiornamenti ad ogni turno: "Questo ci consente di respirare e di dedicarci al lavoro, anche se è una rivoluzione che deve ancora passare. I familiari ci chiamano di continuo e di fatto rallentano il lavoro, senza attendere gli aggiornamenti che portiamo noi entro le 14 e entro le 20. Quello che vorremmo far capire fuori è che qui stiamo davvero facendo del nostro meglio e siamo valutati costantemente per questo. Sono orgoglioso della risposta che riusciamo a dare ai codici rossi e nell’appropriatezza dei ricoveri, per i codici verdi c’è bisogno di pazienza e magari anche della collaborazione del territorio e anche dei cittadini che se si vogliono curare da noi per cose di lieve entità devono attendere il tempo necessario ad avere una risposta".

Molte delle patologie che arrivano qui dovrebbero essere prese in carico dai medici di medicina generale che, si sa, non abbondano sul territorio: "Eppure molti medici dell’emergenza stanno lasciando il pronto soccorso, in tutta Italia, per andare a lavorare sul territorio come medici di medicina generale con meno peso addosso rispetto a quello che abbiamo noi. Anche il servizio del 118 comincia ad essere in difficoltà, nel fermano dobbiamo coprire spostamenti dei pazienti per servizi di cui non disponiamo che Ascoli o Macerata per esempio non devono fare, a parità di risorse. Lo dico da sempre e il gap non si colma mai. Di più, ormai tra la cittadinanza c’è una percezione errata, si arriva a filmare l’intervento dei volontari delle pubbliche assistenze mettendone in discussione la preparazione. Se arriviamo a questo, se discutiamo anche del volontariato, tutto salta. Per questo quando sento dire da parte di una figura istituzionale, di fronte ad una platea di sindaci e del presidente della Regione, che al pronto soccorso va tutto male, cavalcando l’onda del populismo, mi sento fortemente amareggiato".

E ancora. "Quello che manca a Fermo sono i posti letto per la lungodegenza, sono i letti in residenzialità, sono le reti di presa in carico di situazioni che arrivano al pronto soccorso ma che sono frutto di un disagio sociale e psichiatrico che ci costringe a lavorare sempre in condizioni estreme. Chiedo davvero l’aiuto e la consapevolezza di tutti, stiamo mettendo in campo il meglio delle nostre capacità e lo facciamo, sempre, con tutto quello che abbiamo. Non c’è la fila per lavorare nei pronto soccorso d’Italia, non ci sono condizioni di lavoro accettabili, bisogna cambiare il sistema e contribuire, ciascuno per la propria parte, a questo cambiamento".

Angelica Malvatani