Quell’incidente alla Torretta senza colpevoli

Sono passati 90 anni dalla tragica mattina in cui un treno con a bordo venti passeggeri balzò fuori dai binari e finì in via Santa Croce

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Sono passati oramai 90 anni dalla disgrazia che commosse non solo la popolazione fermana, ma anche l’intera Vallata del Tenna L’incidente ferroviario della Torretta in centro storico a Fermo, ma quali sono state le dinamiche e le eventuali responsabilità? Facciamo un salto indietro, il 10 giugno 1928 il treno elettrico percorre per la prima volta la Vallata del Tenna, con il sistema a corrente continua a 2600 V. Per le esigenze del traffico ferroviario vengono trasferiti dei locomotori, n. 30-34 del 1924, dalla Sangritana, questi essendo più potenti vengono impiegati per il servizio merci-passeggeri sulla Porto S. Giorgio-Fermo-Amandola, mentre per il servizio sulla diramazione Fermo città, denominato Tronchetto, vengono ordinate tre elettromotrici costruite dal Tecnomasio Italiano Brown Boveri e dalla Carminati & Toselli.

Queste, i n. 21-23, con i loro 11 m di lunghezza possono ospitare fino a 32 passeggeri, 8 posti di prima classe e 24 di terza, dotate inoltre di un apposito modulo bagagliaio. Pesano 27,5 t con due sistemi frenanti, uno ad aria Westinghouse, e l’altro elettrico da usare solo in caso di emergenza. Il 26 novembre 1930, alle 8:30 di mattino, il treno n. 9, composto solamente dall’elettromotrice n. 21, parte dal Capolinea di Largo Temistocle Calzecchi Onesti con a bordo una ventina di passeggeri. Il macchinista Antonio Gazzini percorre viale Vittorio Veneto, già iniziano i problemi. Dalle cronache dell’epoca il treno non riesce a effettuare la fermata obbligatoria del tunnel sotto villa Vinci, uscito da li lo aspetta la discesa in rettilinio che è viale XX Settembre. Qui il treno prende sempre più velocità, fino ad arrivare alla stretta curva sotto la Torretta. Lì l’elettromotrice balza fuori dai binari, si abbatte capovolgendosi sul muretto e piomba in via Santa Croce, sottostante una decina di metri, sventrando due case nella caduta.

I resti dell’elettromotrice capovolta collassano sui passeggeri, le operazioni di soccorso iniziano subito ad opera dei passanti. Prendono parte alle operazioni di salvataggio i soldati del Presidio, la Croce Bianca, i Carabinieri, una squadra di operai della ferrovia guidati dal direttore della linea, ingegner Pasquale Barbati, studenti e professori dell’istituto Tecnico Industriale Montani. Sul luogo dell’incidente muoiono 7 persone, mentre vengono estratti 11 feriti, di cui due periranno per le gravi ferite nei giorni seguenti.

I nomi delle prime vittime sono: Tomassini Lino di anni 30, proprietario di un bar; Alessiani Ferruccio di anni 19, perito chimico; Lardani Torquato di anni 35, marmista; Carloni Vincenzo di anni 37, fabbricatore di mezzi agricoli; Vittorangeli Pio di anni 34, bigliettaio in servizio sulla motrice; Silvestri Antonio di anni 38, carabiniere; Lepri Vera di anni 22, casalinga. L’inchiesta giudiziaria viene avviata il 27 novembre ma oggi, a distanza di 90 anni, non si è riusciti a capire le cause di tale incidente.

L’unica certezza è l’esclusione dell’errore umano, visto che il Gazzini era pratico sulla linea e dell’elettromotrice, tanto che nelle ore prima dell’incidente egli stesso condusse due treni viaggiatori con la stessa motrice e sulla stessa linea. Il 28 novembre si svolgono i funerali, che sono celebrati dall’arcivescovo monsignor Carlo Castelli, grande la partecipazione della popolazione di Fermo e della Vallata del Tenna.

L’elettromotrice verrà completamente ricostruita nelle officine Fermane e Lancianesi nel corso degli anni ‘30. L’ipotesi più probabile è che ci fu un’avaria tecnica al sistema frenante. Questa tragedia fa eco in tutta la nazione, tanto che la copertina della domenica del Corriere del 14 dicembre 1930 presenta l’illustrazione di tale incidente, ad opera di Achille Beltrame.

Luca Vesprini