Samuela e i venti giorni di lotta contro il Covid

Tanto è durato il ricovero nel reparto di malattie infettive della 51enne nata con una disabilità congenita: "Ero in attesa della terza dose, ho avuto paura"

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Samuela non è certo una ragazza abituata ad arrendersi, non ci sono ostacoli abbastanza alti per il suo sorriso e la sua voglia di vivere. Nemmeno il Covid è abbastanza forte e cattivo per spegnere l’entusiasmo di Samuela Baiocco, lei che vive in pieno la sua vita, da sempre. È nata con una disabilità congenita, 51 anni fa, ma ci tiene a precisare che il problema è solo la scatola, la sua vita è un dono, pieno e luminoso e il corpo ha una bellezza diversa. Il periodo del Covid è particolarmente difficile per una donna come Samuela, lei che è abituata a circondarsi di persone, a vivere i suoi affetti, l’amore della famiglia, degli adorati nipoti: "Lavoro in comune a Fermo da anni, questo tempo mi ha costretto allo smart working, alla distanza, al silenzio. Ho trovato il modo di sentire le persone che amo, ho usato le video chiamate, il computer, tutti i mezzi possibili, anche i social, per comunicare, per trovare una possibile normalità". Si è vaccinata con le due prime dosi, era in attesa di prenotare la terza quando il Covid è entrato nella sua vita ed ha rischiato di azzerare tutto: "Mi sono fidata subito del vaccino, anche se con la paura che tutti hanno provato, con un pizzico di preoccupazione. Stavo per fare la terza dose quando mi sono ammalata, non volevo finire in ospedale, coi miei polmoni malandati. Era la mia paura peggiore, io che non sono autosufficiente temevo il ricovero e di dover prendere decisioni da sola temevo davvero la solitudine. E ho avuto paura di morire, ci sono stati giorni in cui non sapevo se ce l’avrei fatta". Samuela è finita in reparto, a malattie infettive, dove è rimasta per venti giorni. Giorni brutti, silenziosi, pieni di paura: "I miei polmoni mi facevano male, sentivo davvero di avere qualcosa addosso di estraneo che stava cercando di abbattermi, che provava a spegnere il mio sorriso. Per fortuna ci sono stati con me gli operatori dell’ospedale, i medici, a partire dal primario Giorgio Amadio. Ci hanno messo tenerezza, attenzione, non mi hanno mai fatto sentire sola. E poi tutti i messaggi che mi sono arrivati e che mi hanno travolto, la vicinanza, l’amore delle persone. Ho sentito di aver fatto qualcosa di buono nella mia vita, di avere una grande famiglia allargata". Dopo una lotta lunga venti giorni Samuela ne è uscita, con la voglia di ripartire e di riprendere tutta l’aria che si può, nei polmoni e nel cuore: "Ancora una volta ho rimesso in piedi la mia vita, non ho mai considerato troppo difficile la mia esistenza. Ripeto, è solo la scatola che non va, il contenitore del mio corpo, qualche volta ci penso che ne avrei voluto uno diversa e più semplice da portare ma poi mi dico che questa sono io, coi miei pregi e i miei difetti". Samuela ha seguito le scuole come tutti, ha studiato all’università, si è laureata in sociologia con lode, ha conquistato un posto di lavoro a tempo indeterminato, ha messo il suo vestito migliore e si è truccata, sempre, per ricominciare, ogni giorno. E ha scritto un libro che è di ispirazione per tante persone: "Si intitola ‘Correre oltre me’ il mio libro, è la mia storia, ho provato a far capire come intendo io la vita, come voglio andare avanti. Durante il lockdown, quando sentivo la distanza dalla vita di prima, ho cominciato a scrivere il secondo libro che spero di pubblicare entro primavera, è il mio ennesimo nuovo inizio. Voglio ripartire, senza perdere nemmeno un minuto". Angelica Malvatani