Studente morto in Erasmus, un anno dopo è ancora mistero

Giacomo Nicolai è stato trovato nella sua casa di Valencia con un coltello conficcato nel petto

Giacomo Nicolai

Giacomo Nicolai

Fermo, 20 marzo 2018 - Un anno fa Giacomo Nicolai, studente fermano di 24 anni, veniva trovato nella sua casa universitaria di Valencia con un coltello conficcato nel petto e tre colpi inferti. Sono trascorsi 365 giorni e le indagini, purtroppo, si trovano ancora in fase di stallo. «Ci sono una madre e un padre – spiega il legale della famiglia Nicolai, Igor Giostra di Studia Iuris – che aspettano da tempo di conoscere la verità sulla tragica fine del figlio. Abbiamo sollecitato più volte la magistratura romana, ma il vero problema è in Spagna, dove c’è un immobilismo scandaloso. Anche i medici legali italiani, a cui il sostituito procuratore capitolino, Marcello Monteleone, ha affidato le perizie medico legali e tossicologiche, sono bloccati perché non hanno ricevuto il materiale necessario dagli inquirenti valenziani».

I consulenti tecnici Giorgio Bolino, dell’Università La Sapienza, e alla tossicologa Roberta Tittarelli, sono in attesa da quel 24 aprile dello scorso anno, quando una delegazione della magistratura spagnola si era recata a Roma per un summit investigativo, durante il quale avevano assicurato che sarebbero state fatte nuove indagini e approfondite quelle precedentemente svolte. Ma da quel giorno più niente. Come richiesto dai familiari, il sostituto procuratore Monteleone aveva già disposto e fatto svolgere una nuova autopsia sul corpo dello studente italiano, che aveva già dato un primo risultato importante: le tre coltellate che hanno provocato il decesso del ragazzo sono state inferte con forza e sono difficilmente compatibili con un gesto autolesionistico.  Ora si attendono da troppo tempo i risultati dell’esame tossicologico e del dna. Grande attesa anche per le perizie tecniche disposte sul telefonino e sul computer del 24enne, che potrebbero dare risposte importanti sulle sue ultime frequentazioni ed su un eventuale movente, nel caso si sia trattato di omicidio. Tutto era iniziato quel sabato 18 marzo del 2017, quando Giacomo, i suoi due coinquilini messicani, un amico tedesco e una ragazza italiana, erano andati ad una festa. Il ragazzo si era divertito, e aveva fatto rientro nel suo appartamento in via Calle Josè Maria de Haro, in un quartiere poco lontano dal porto di Valencia.  Intorno alle 5 del mattino uno dei due coinquilini aveva sentito dei rumori, ma non era riuscito a capire da dove provenissero. Poco dopo era stato svegliato di nuovo da un rantolio, ma solo alle prime luci dell’alba, intorno alle sette, era andato a bussare alla porta della stanza dello studente fermano: lui però non aveva risposto. Il coinquilino aveva insistito e poi aveva aperto la porta.

Davanti a lui si era trovato una scena raccapricciante: Giacomo era disteso sul letto in un lago di sangue ed aveva un coltello piantato nel petto. Il coinquilino aveva chiamato subito l’altro studente che abitava con loro e, costatato che il 24enne fermano non dava segni di vita, aveva allertato la polizia e i soccorsi. Gli inquirenti spagnoli, fin troppo frettolosamente, avevano liquidato il caso come un suicidio: per loro il ragazzo si era autoinferto tre pugnalate che avevano provocato il decesso. Nel giro di 48 ore, dopo l’autopsia, il caso era stato archiviato nonostante i tanti buchi neri. Intanto la Procura di Fermo aveva aperto un fascicolo per omicidio contro ignoti e, una volta acquisiti tutti gli atti, li aveva trasmessi per competenza alla magistratura di Roma.