"Troppe domande senza risposta La morte di Giuseppe non sia vana"

Un anno fa il sedicenne di Monte Urano perse la vita su un furgone dopo un incidente stradale mentre tornava a casa dallo stage, la zia: "Non sappiamo ancora perché si trovasse a bordo"

"Troppe domande senza risposta  La morte di Giuseppe non sia vana"

"Troppe domande senza risposta La morte di Giuseppe non sia vana"

A pochi giorni di distanza dal primo anniversario dalla morte di Giuseppe Lenoci, arriva la notizia della richiesta di rinvio a giudizio per il conducente del furgone. A parlarne la zia di Giuseppe, Angela Lenoci, che nel giorno della tragedia promise a suo nipote che sarebbe rimasta al fianco della sua famiglia e avrebbe lottato per fare onore alla verità degli accadimenti di morte e perché mai più uno studente perda la vita nell’alternanza scuola lavoro.

"Una promessa che ho fatto davanti all’obitorio – dice Angela Lenoci – a cui non verrò meno. Per questo la notizia della richiesta del rinvio a giudizio per il conducente del furgone, mi fa sperare nella giustizia che non vorrei mai fosse intesa come accanimento verso nessuno, ma come conoscenza dei fatti che stimoli le coscienze di chi applica certe leggi".

Angela, più volte ha detto ‘che non si parli della morte di mio nipote, come di incidente’.

"Lo sostengo oggi più che mai per quanto di morte da impatto del mezzo fuori strada si tratti. Ma a monte della tragedia ci sono ‘perché’ senza risposte che sono invece le fondamenta della giustizia da rendere sia a genitori che hanno perso un figlio sia alla società che deve essere consapevole di un fatto che può capitare ad altri ragazzi".

A distanza di quasi un anno dalla tragedia, quali sono le risposte che non avete avuto? "La più banale: perché Giuseppe fosse su quel furgone. La nostra famiglia non ha avuto il diritto di sapere dove stesse andando e a fare cosa. Le sembra normale che un genitore sappia che suo figlio sia a scuola, quando viene avvisato della sua morte avvenuta a cento chilometri da casa? Che cosa doveva imparare nel posto dove stava andando che non potesse imparare in azienda? Dov’era il suo tutor?". L’amore per Giuseppe va oltre il bisogno di conoscere la verità su quel giorno. Giusto? "Quella verità è necessaria per risalire a monte delle cause di morte di Giuseppe e di altri ragazzi dell’alternanza scuola lavoro, perché dimostra la necessità di rivedere il piano sicurezza e formulare una riforma di legge che non permetta mai più la morte di uno studente da giustificare come ‘incidente’".

Il suo impegno infatti è rivolto anche alle famiglie colpite dallo stesso destino. Perché? "Perché da zia e non da madre, ho visto come le famiglie che subiscono questo grave lutto, si chiudono nel silenzio di chi sa che nessun risarcimento, nessuna battaglia legale potrà ridarti indietro tuo figlio. Ma per quanto umanamente sia dura ricordare la morte di chi ami, bisogna essere più forti del dolore tanto da far vivere il sogno della giustizia che Giuseppe e tutti i giovani studenti, hanno a quell’età, che si traduce, nel semplice diritto all’istruzione che porti alla vita, non alla morte".

Paola Pieragostini