Fermo, vittima di mobbing. “Il consulente mi dà ragione”

Ex impiegata statale denuncia di aver subito soprusi dalla dirigente ma il risarcimento è stato ’bocciato’: “Non mi rassegno”

In tribunale

In tribunale

Fermo, 18 aprile 2018 - Avrebbe subito ogni tipo di sopruso morale dalla sua superiore diretta ma, nonostante abbia presentato una denuncia per mobbing, non ha ancora visto riconosciuta la sua versione dei fatti. E’ la storia di M.M., una donna di Falerone dipendente in pensione di una scuola pubblica. Va detto che, seppur le sia stato riconosciuto il danno subito dal consulente tecnico del tribunale di Fermo in una causa contro il ministero dell’Istruzione, l’ex impiegata non ha mai trovato risposte nelle aule di giustizia dei vari gradi di giudizio ed è per questo che ha deciso di raccontare la sua storia.

«In attesa di una nuova azione giudiziaria – racconta M.M. – va detto che la mia è stata una tristissima esperienza lavorativa nella pubblica amministrazione, maturata in qualità di sottoposta di una donna che, forte del suo ruolo e dell’assenza di ogni controllo, negli anni ha posto in essere condotte contrarie alla legge senza che mai nessuno riuscisse effettivamente a contrastare tale situazione». L’ex impiegata spiega di non aver mai fatto finta di niente e quindi di averne pagato le conseguenze: «Il mio non voler chiudere gli occhi di fronte a tante cose che proprio non andavano, mi ha reso destinataria di ogni tipo di sopruso morale. Dalle imprecazioni malcelate, alla impossibilità di sedersi durante il lavoro di protocollazione, alla predisposizione di una postazione di lavoro con un banco ed una sedia per i ragazzi e non per le persone adulte».

M.M. ritiene che tutto questo ha comportato un grave vulnus al suo stato di salute, tanto che nella causa di mobbing intentata nel 2009, il consulente tecnico Fabio Terribili, nominato dal giudice, ha messo nero su bianco sia il grave danno alla salute che lae connessione con le condotte di mobbing perpetrate all’indirizzo dell’impiegata. «Ebbene – aggiunge M.M. - nulla di tutto ciò è stato considerato dai giudici né in primo né in secondo grado. In entrambi i casi la magistratura ha rigettato la domanda risarcitoria. Ciò che mi ha sconvolto, è che chi, come me, ha subito prevaricazioni continue da parte della mia superiore non è riuscita a vedersi riconosciuta giustizia. Giustizia che ovviamente non attiene al profilo monetario, ma a quello morale legato alla dignità delle persone. E’ chiaro che le mie non sono solo parole, ma sono in possesso di tutta la documentazione probatoria occorrente e andrò fino in fondo in ogni grado di giudizio in tribunale».