Fermo, 16 marzo 2010 - Giovanni Rocchi, studioso marchigiano, sostiene che i segni sulla Sindone, interpretati da alcuni studiosi come caratteri greci, latini e aramaici, sono in realtà iscrizioni nell’antico linguaggio dei Piceni, un popolo italico, di cui si hanno tracce a partire dal 1.500 a.C., che cadde poi sotto la dominazione dei romana. Rocchi, esperto della lingua dell’antica popolazione dei Piceni, è anche autore di un libro sull’argomento, pubblicato nel 2001.

 

Una lingua misteriosa e sconosciuta, come l’etrusco, ma non per Rocchi che sostiene di avere trovato e interpretato 150 iscrizioni, ‘contro le 23 riconosciute ufficialmente’ e di essere in grado di tradurre anche l’etrusco. Nel 1994 alcuni scienziati francesi dell’Institut Superieur d’Optique d’Orsay hanno ravvisato nei segni della Sindone vere e proprie parole, ma senza individuare la lingua dei piceni. "Io invece - racconta all’Ansa - ho riconosciuto delle scritte a spirale intorno al viso, che formano una decina di parole, alcune delle quali conosciute solo da me".

 

Una specie di certificazione, scritta con inchiostro nero nel lenzuolo funebre sigillato: "Gesù Nazareno morto sta in questo (sepolcro), in quanto re dei Giude". L’ipotesi che nell’antica Palestina, al tempo della crocifissione di Gesù, qualcuno parlasse il piceno non è affatto peregrina - sostiene lo studioso -: "la corte di Ponzio Pilato era composta di persone di origini sabine e picene". E Rocchi ha identificato l’antica lingua picena 'anche nell’epitaffio di Tito Muzio’ sempre di area palestinese.

 

Dopo "La tarda lingua-grafia piceno-italica in area palestinese e in ambito cristologico", Rocchi, ex sindaco del minuscolo centro di Monsapietro Morico e docente presso l’Istituto Professionale per il Commercio a Santa Vittoria in Matenano, in provincia di Fermo, nel cuore dei Monti Sibillini, ha pubblicato vari liberi e ne ha altri in cantiere: il prossimo sarà dedicato ’ai Templari e al Santo Graal’.