Alluvione, ex sindaco di Sant'Elpidio a Mare a processo

Mezzanotte deve rispondere di omicidio e disastro colposo. In aula gli agenti della Forestale

CASETTE D’ETE L’ex primo cittadino e i sommozzatori dopo  lo straripamento dell’Ete Morto che provocò due vittime

CASETTE D’ETE L’ex primo cittadino e i sommozzatori dopo lo straripamento dell’Ete Morto che provocò due vittime

Sant'Elpidio a Mare (Fermo), 2 febbraio 2016 - Terzo atto del processo con rito immediato all’ex sindaco di Sant’Elpidio a Mare, Alessandro Mezzanotte, per l’alluvione killer di Casette d’Ete. L’ex primo cittadino, difeso dall’avvocato Andrea Albanesi, è stato chiamato a rispondere dei capi d’imputazione di omicidio e disastro colposi. Ieri è stato il giorno degli ultimi due testimoni dell’accusa, gli uomini della Forestale che hanno acquisito tutti gli atti relativi alla tragedia. Sono emersi elementi che si conoscevano già e che non hanno aggiunto nulla di nuovo alla vicenda processuale.

Un'udienza interlocutoria, dunque quella di ieri, in attesa della prossima in cui saranno ascoltati i test della difesa L’avvocato Albanesi, all’uscita dall’aula ha ribadito nuovamente quello che è il suo concetto principale su questo processo: «Per il solo e semplice fatto di ricoprire il ruolo di responsabile della protezione civile del Comune di Sant’Elpidio a Mare, il sindaco non può essere ritenuto responsabile dello straripamento del torrente Ete Morto, dei drammatici e tristi eventi che ne conseguirono. Ciò detto, vogliamo esprimere il massimo rispetto per le vittime e per la superstite, alla quale, su consenso anche del mio assistito, non è stato richiesto di sottoporsi all’esame ed alle domande di questa difesa, proprio al fine di evitare una ulteriore sofferenza nel ricordate quei drammatici momenti».

L’alluvione killer aveva devastato il Fermano tra l’1 e il 2 marzo del 2011, e durante l’esondazione del fiume Ete Morto, a Casette d’Ete, erano rimasti uccisi il 51enne Giuseppe Santacroce e la 20enne Valentina Alleri. Le due vittime, insieme a Salvina Granata, si stavano recando a lavoro in macchina. La loro Bmw era stata travolta dall’ondata di piena del fiume mentre cercavano di attraversare un ponte. L’unica sopravvissuta era stata la Granata, che era riuscita ad uscire dall’abitacolo e che era stata salvata da un uomo del posto. In un primo momento la Procura della Repubblica di Fermo aveva chiesto l’archiviazione del caso perché l’evento era stato ritenuto imprevedibile. C’era stata allora l’istanza di opposizione all’archiviazione da parte dei legali dei parenti delle vittime gli avvocati Federico Valori, Maria Antonietta Spalluti e Mimmo Borsci, che avevano chiesto è ottenuto la riapertura delle indagini e una nuova perizia tecnica per stabilire eventuali colpe.