Johnny O'Neal a Comacchio, l'arte del jazz. "Comunicare è la vera sfida"

Il 24 e il 25 agosto al Bar Ragno per l’evento targato Gruppo dei 10

Johnny O'Neal

Johnny O'Neal

Comacchio (Ferrara), 23 agosto 2019 - Johnny O'Neal, sublime eterodossia del jazz, è l’arte di inabissarsi, con il talento per riemergere: quello che è considerato uno dei più talentuosi discepoli di Oscar Peterson, domani e domenica al Bar Ragno di Comacchio firma sul piano una musica variopinta nelle dinamiche e spesso convulsa, addolcita di canto bluesy. Doppia tappa (ore 21) del tour «The Legendary Johnny 0’Neal Trio» all’interno della rassegna Tutte le direzioni in Summertime 2019 firmata Il Gruppo dei 10. Lo accompagnano Mark Lewandoswski al contrabbasso e Itay Morchi alla batteria, interpreti ai vertici della jazzeria globale. «Palette» spalmata sui tributi a Frank Sinatra, Oscar Peterson e Art Tatum della prima serata e la dedica «monografica» a Nat King Cole della seconda.

O’Neal, convivere musicalmente con Ellington, Cole e Peterson è una costante a cui né voi musicisti né chi vi segue vorrebbe mai rinunciare…

«A patto che non ci si dimentichi che sui leggii ci sono anche Monk ed Errol Gardner oltre ad Al Jarreau, Whitney Houston e Chaka Khan».

Sa che definirla una specie di Art Tatum che canta il blues è diventato quasi un luogo comune?

«Non posso che esserne lusingato. Art Tatum è stato genio, un mentore per me. Cerco di suonare il meglio possibile per avvicinarmi alla sua grandezza».

Oltre che la sua divertita creatività la critica sottolinea la capacità di entrare in contatto con chi l’ascolta: è un talento anche questo?

«Lo show è importante, com’è fondamentale comunicare con il pubblico. Ci sono ottimi musicisti che suonano per loro stessi per dirsi ‘come sono stato bravo!’, ma se sei un artista vero devi comunicare, nel senso del mostrare».

Qual è stato il punto più alto della sua carriera?

«L’interpretazione di Art Tatum nel film Ray».

Pianista, cantante, attore e compositore, proprio come Nat King Cole: qual è il lavoro che più la rappresenta?

«Cerco di essere un musicista che crea ed esprime l’arte secondo una sua visione, sia strumentale che vocale, indifferentemente».

Quello che appunto faceva anche Cole, «Unforgettable» come quella sua canzone di dolcezze estreme.

«Nat è il musicista che amo di più perché ha portato un vento di novità nel mondo del jazz con la souplesse del Nature Boy. Spesso diceva ‘voglio essere solo un buon pianista jazz’, ma la storia è girata diversamente, premiandolo anche come ottimo cantante e bravo attore, con un seguito pari a quello delle più acclamate pop star delle generazioni successive alla sua».

Che bolle in pentola?

«La cosa più rilevante è il contratto con la Smoke Sessions Records che ha pubblicato Moment to Moment, in cui suono come ospite di Roy Hargrove nell’ultimo disco che ha registrato prima di lasciarci. A fine novembre, infine, suonerò in Cina a Beijing (Pechino) e al Blue Note di Shangai».